Milano, 21 mar. (LaPresse) – Il volume d’affari complessivo annuale delle agromafie è salito a 21,8 miliardi di euro con un balzo del 30% nell’ultimo anno con la filiera del cibo, della sua produzione, trasporto, distribuzione e vendita che è divenuta una delle aree prioritarie di investimento della malavita. E’ quanto afferma la Coldiretti in occasione della XXIII Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Furti di attrezzature e mezzi agricoli, racket, abigeato, estorsioni, o il pizzo anche sotto forma di imposizione di manodopera o di servizi di trasporto, di guardiania e di caporalato alle aziende agricole sono gli ambiti di ingerenza più diffusi nella produzione agricola secondo l’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare promosso dalla Coldiretti, con l’ex procuratore Giancarlo Caselli alla guida il comitato scientifico.
Le mafie – denuncia la Coldiretti – condizionano il mercato agroalimentare stabilendo i prezzi dei raccolti, gestendo i trasporti e lo smistamento, il controllo di intere catene di supermercati, l’esportazione del vero o falso Made in Italy, la creazione all’estero di centrali di produzione dell’italian sounding e lo sviluppo ex novo di reti di smercio al minuto. In questo modo la malavita si appropria di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, compromettendo anche in modo grave la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare l’immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio Made in Italy. Ma la malavita si infiltra anche nel lucroso business delle importazioni, con quasi un prodotto agroalimentare su cinque che arriva in Italia dall’estero che non rispetta le normative in materia di tutela dei lavoratori – a partire da quella sul caporalato – vigenti nel nostro Paese, dal riso asiatico alle conserve di pomodoro cinesi, dall’ortofrutta sudamericana a quella africana, ai fiori del Kenya.
L’agroalimentare – denuncia Coldiretti – è divenuto una delle aree prioritarie di investimento della criminalità, che ne comprende la strategicità in tempo di crisi perché consente di infiltrarsi in modo capillare nella società civile e condizionare la via quotidiana della persone. Grazie a una collaudata politica della mimetizzazione, le organizzazioni riescono a tutelare i patrimoni finanziari accumulati con le attività illecite muovendosi ormai come articolate holding finanziarie, all’interno delle quali anche i supermercati rappresentano efficienti coperture, con una facciata di legalità dietro la quale non è sempre facile risalire ai veri proprietari e all’origine dei capitali.
“Le agromafie vanno contrastate nei terreni agricoli, nelle segrete stanze in cui si determinano i prezzi, nell’opacità della burocrazia, nella fase della distribuzione di prodotti che percorrono migliaia di chilometri prima di giungere al consumatore finale – afferma il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo -, ma anche con la trasparenza e l’informazione dei cittadini che devono poter conoscere la storia del prodotto che arriva nel piatto”.