PORTICO DI CASERTA – Si trova in Germania il 32enne Giuseppe Elpidio Bifone, figlio di Nicola (fratello del capoclan Antonio alias Zuzù). Il suo soggiorno in terra tedesca non è legato a motivi di piacere o di lavoro: è lì, lontano dalla sua Portico di Caserta, a causa di un mandato di arresto europeo emesso lo scorso 6 marzo dalla Procura europea di Monaco di Baviera. Bifone jr è accusato di evasione fiscale e di aver partecipato a un’associazione criminale specializzata nel commettere frodi. Attraverso società inattive a lui riconducibili, con sede tra Lettonia, Romania e Malta, avrebbe preso parte, insieme al coindagato Verzi, amministratore della società Fever Auto Gmbh, con sede in Germania, all’emissione di fatture per operazioni inesistenti. Gli investigatori hanno ravvisato complessivamente 20 frodi che avrebbero creato un danno erariale per oltre un milione di euro.
Il ricorso
Contro il mandato di arresto europeo, la difesa di Bifone ha presentato ricorso in Cassazione. Chiedeva l’annullamento della sentenza emessa ad aprile dalla Corte d’appello di Napoli che aveva dato il via libera al trasferimento del 32enne in Germania. L’avvocato Angelo Raucci aveva già invitato i togati partenopei a dire no all’estradizione, ricordando che Bifone era già indagato dalla Procura di Torino per le stesse presunte dinamiche presenti nel mandato d’arresto europeo. In particolare, i magistrati piemontesi dicono che, attraverso le sue società con sede in Italia, Bifone avrebbe emesso fatture false per consentire alla società Ux.Style Motor, con base a Orbassano, in provincia di Torino, di evadere le imposte su redditi e valore aggiunto dal 2018 al 2021. Questa circostanza, secondo il legale, rendeva necessaria la permanenza di Bifone sul territorio italiano per difendersi. E, sempre secondo l’avvocato, la Corte d’appello di Napoli avrebbe potuto concedere al suo assistito di restare nel Belpaese “in presenza di un ontologico collegamento funzionale tra la contestata condotta concorsuale di Bifone e Verzi, e la conseguente e unitaria commissione in territorio italiano dei reati di frode, aventi ad oggetto proprio la rivendita di quelle autovetture connesse all’attività di falsa fatturazione compiuta da terzi, e per la quale vi è procedimento penale carico di Bifone pendente presso la Procura della Repubblica di Torino, antecedente all’emissione del mandato d’arresto europeo”.
La sentenza
La Cassazione ha respinto la tesi della difesa e lo scorso giugno (la sesta sezione panale presieduta da Pierluigi De Stefano) ha confermato la decisione della Corte d’appello: sì alla consegna di Bifone alle autorità tedesche. Per quale ragione? La Cassazione non ha ravvisato contrasti (che se ci fossero stati Sarebbe stata autorizzata a risolvere) tra l’indagine che ha innescato il mandato d’arresto europeo e l’inchiesta dei magistrati torinesi. Inoltre, i giudici romani hanno ritenuto corretto che sia la Procura europea (Eppo) a occuparsi del caso (con annesso mandato d’arresto), dato che si tratta di una presunta organizzazione criminale che coinvolge alcuni Stati membri. Un altro elemento che giustifica, secondo la Cassazione, l’arresto, è che il reato contestato dall’Eppo, seppur commesso “per un frammento in Italia”, non coincide con quello che sta analizzando la Procura di Torino. Giuseppe Elpidio Bifone è già stato coinvolto in un’indagine dei carabinieri, coordinata dalla Dda di Napoli. Questo fatto ha già scatenato la sua condanna, diventata irrevocabile nel febbraio 2018, per tentata estorsione.
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