MELITO – Una vera e propria bufera giudiziaria si è abbattuta ieri mattina alle prime luci dell’alba nel Comune di Melito. Il bilancio del blitz portato a termine dagli uomini della Direzione Investigativa Antimafia su disposizione della Procura di Napoli e della Dda è stato di 18 arresti. In 16 sono stati spediti in carcere, altri due, invece, sono stati ristretti ai domiciliari. Tra le persone colpite dall’ordinanza anche il sindaco di Melito Luciano Mottola, eletto nell’ottobre del 2021. Sono state proprio le Amministrative di un anno e mezzo fa ad attirare le attenzioni degli investigatori e a consentire al gip del Tribunale di Napoli Isabella Iaselli di accogliere le richieste dei pm Giuliano Caputo e Lucio Giugliano di formulare accuse gravi. Infatti gli indagati rispondono a vario titolo di scambio elettorale politico mafioso, corruzione, attentati ai diritti politici del cittadino, associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa e tentata estorsione. Nell’inchiesta spiccano, tra gli altri, anche i nomi del presidente del consiglio comunale Rocco Marrone, di altri due consiglieri comunali e del coordinatore per Melito dell’azienda incaricata del servizio di igiene urbana, padre di un consigliere comunale già candidato sindaco alle elezioni dell’ottobre 2021. Gli arresti sono il risultato di un’indagine della Dia volta a verificare l’interesse della criminalità organizzata a infiltrarsi nelle elezioni del sindaco e del rinnovo del consiglio comunale di Melito di Napoli: sono quindi emersi gravi indizi sull’esistenza di un accordo già al primo turno – che si è svolto il 3 e il 4 ottobre 2021 – tra esponenti del clan Amato-Pagano e alcuni rappresentanti della coalizione a sostegno del candidato sindaco Nunzio Marrone, che non è indagato. Stando a quanto emerso finora, in vista del ballottaggio, i rappresentanti della coalizione che sostenevano il futuro sindaco Luciano Mottola avrebbero preso in considerazione l’ipotesi di concordare con gli esponenti del clan l’appoggio al loro candidato. Già al primo turno, infatti, era emersa l’intenzione di richiedere sostegno al clan, poi accantonata in ragione della chiusura di un accordo – scrivono gli investigatori – a favore appunto della coalizione avversa. Gli esponenti della coalizione a sostegno di Mottola, secondo la ricostruzione del gip, avrebbero accettato la promessa da parte del clan di procurare i voti alla coalizione ed allo stesso candidato sindaco, anche tra i residenti del rione popolare a fronte di pressioni e intimidazioni. In cambio avrebbero chiesto denaro e la disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione camorristica. Nel corso della campagna elettorale, riporta la Dia, “sarebbe stato persino impedito l’esercizio dei diritti politici di una candidata al consiglio comunale costretta, con gravi minacce, quali l’allontanamento dall’abitazione o la chiusura dell’esercizio commerciale, a svolgere campagna elettorale non per sé ma per un candidato dell’opposta coalizione gradito al clan”. Nel corso delle indagini sono emersi anche episodi di compravendita di voti di consiglieri comunali anche in occasione delle elezioni per gli organi della Città metropolitana avvenute il 13 marzo dello scorso anno. Individuati anche gravi indizi su alcuni episodi estorsivi messi in attodagli affiliati al clan. Sarebbe stato persino “impedito – riporta ancora la Dia – l’esercizio dei diritti politici di una candidata al consiglio comunale costretta, con gravi minacce, quali l’allontanamento dall’abitazione o la chiusura dell’esercizio commerciale, a svolgere campagna elettorale non per sé ma per un candidato dell’opposta coalizione gradito al clan”. Dall’inchiesta è emerso uno spaccato inquietante, con la classe politica locale che potrebbe uscirne con le ossa rotte. Infatti il Comune di Melito rischia lo sciogliemento per camorra.
“La cosca condizionava il Consiglio comunale”
La notizia dell’arresto del sindaco di Melito Luciano Mottola e di altre 17 persone accusate a vario titolo di scambio elettorale politico mafioso, corruzione, attentati ai diritti politici del cittadino, associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa e tentata estorsione, ha destato molto scalpore anche oltre i confini regionali. L’operazione portata a termine ieri dagli uomini della Dia è stata enorme e ha permesso di fare luce sulla continua volontà della camorra di infiltrarsi nel tessuto cittadino in tutti i suoi aspetti. “E’ emerso un quadro inquietante – ha detto ieri il capo della Dia di Napoli Claudio De Salvo (nella foto) – di grande impatto il caso della candidata che è stata costretta addirittura a fare campagna elettorale per un suo avversario politico. Ci siamo imbattuti in fatti molti gravi”. Nelle oltre 200 pagine dell’ordinanza che ha accompagnato i provvedimenti notificati ieri viene raccontato come esponenti di spicco del clan Amato-Pagano abbiano incontrato varie volte la classe politica cittadina, riflesso delle alte sfere a livello regionale. Sarebbe successo almeno sino alla morte di Vincenzo Nappi, reggente degli Amato-Pagano, ammazzato in un ristorante di Melito. “C’era un condizionamento molto forte dell’espressione del voto e – ha continuato Claudio De Salvo – anche della vita stessa del consiglio comunale attraverso le ipotesi di pressioni per far dimettere gli esponenti del civico consesso che non risultassero essere più funzionali agli interessi del clan”. L’inchiesta è partita nel 2020, in piena pandemia, dopo la denuncia dell’ex sindaco Antonio Amente, poi deceduto in ospedale proprio a causa del Covid. E’ stato scoperto, però, che le denunce erano spesso strumentali, inoltrate dal predecessore di Mottola per interessi personali, ovvero per evitare di interrompere la sua amministrazione. L’indagine ha evidenziato che se il clan non otteneva il proprio tornaconto obbligava i consiglieri a dimettersi facendo così cadere la giunta. E poi, quando si tornava alle urne, muoveva le sue leve, fornendo sostegno elettorale a chi prometteva di ricambiare con appalti e altri benefit.
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