ROMA – Gli effetti del conflitto in Ucraina non tarderanno a farsi sentire, con una decisa frenata della crescita e un’altrettanto sostenuta ripresa dell’inflazione. A fare i primi conti e a tracciare le prime previsioni è l’Ufficio studi di Confcommercio che calcola già nella media del primo trimestre una frenata del Pil del 2,4%.
Secondo Confcommercio infatti a marzo, il PIL ha consolidato la tendenza al rallentamento emersa nei mesi precedenti, con una riduzione dell’1,7% congiunturale. Nel confronto annuo la crescita si dovrebbe attestare all’1,3%, in brusco ridimensionamento rispetto ai periodi precedenti. Nella media del primo trimestre il PIL è stimato in calo del 2,4% congiunturale, dato che porterebbe ad una crescita su base annua del 3,3%. Spiega l’Ufficio studi. “Il quadro è rapidamente peggiorato nelle ultime settimane, nel momento in cui si intravedeva una possibile normalizzazione dell’economia, legata ad una fase meno emergenziale della pandemia, l’avvio della guerra in Ucraina ha infatti riacutizzato le incertezze e il conseguente peggioramento delle prospettive inflazionistiche ha una natura per niente transitoria. Bisogna, dunque, attrezzarsi a fronteggiare una fase di forte decelerazione dell’attività economica”.
In peggioramento tutti i principali indicatori. A gennaio la produzione industriale ha mostrato un brusco ridimensionamento (-3,4%) su dicembre, confermando la tendenza al ribasso già evidenziata dalla fine dello scorso anno. Il confronto su base annua registra una contrazione del 2,2%. Nello stesso mese l’occupazione ha ribadito la tendenza alla stabilizzazione, consolidando i timori di un esaurimento della fase di recupero. In questo quadro i segnali di un’evoluzione più contenuta della domanda e l’accelerazione dell’inflazione hanno determinato, già a febbraio 2022, un ulteriore deterioramento del sentiment degli imprenditori del commercio al dettaglio (-1,6% su gennaio). Dati, questi, ricorda Confcommercio che “non riflettono ancora i timori innescati dall’inizio della guerra in Ucraina”.
Dati allarmanti anche sull’inflazione. A marzo infatti la variazione dei prezzi al consumo dello 0,6% su febbraio dovrebbe portare ad un incremento, su base annua, del 6,1% e “il peggioramento delle prospettive inflazionistiche ha una natura per niente transitoria”. I prodotti energetici guidano la graduatoria degli aumenti, ma le tensioni si vanno ormai diffondendo a molti segmenti dei consumi, primo tra tutti l’alimentare. In termini di potere d’acquisto delle famiglie, questo si traduce in una riduzione di consumi reali liberi di circa 1.826 euro, perché a parità di consumi obbligati si hanno maggiori costi per luce e gas (1.220 euro), carburanti (320 euro) e beni alimentari e altri essenziali (286 euro).
Commenta il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli.”Le ripercussioni della guerra in Ucraina hanno amplificato la crisi economica, che dura da due anni, e il caro energia. Frena dunque la crescita e accelera l’inflazione: uno scenario insostenibile per le nostre imprese. Serve una reazione più rapida – in raccordo con l’Unione Europea come accaduto per la pandemia – per finanziare questa nuova e più grave emergenza e per ridare altro ossigeno al sistema imprenditoriale.”
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