Niente sorprese. Carlo Bonomi, presidente degli industriali di quella Lombardia che è l’epicentro del dramma coronavirus, è stato designato presidente di Confindustria dal Consiglio generale, in attesa dell’assemblea del 20 maggio. Nessun applauso di massa perché tempi eccezionali richiedono misure eccezionali e così il ‘parlamentino’ non si è riunito, come di consueto, in via dell’Astronomia ma si è espresso online votando su una piattaforma.
Lontani sì, spaccati no: a Bonomi, dopo una lunga campagna elettorale culminata nella relazione dei Saggi che lo volevano ‘candidato unico’ per il dopo Boccia, sono andati 123 voti contro i 60 della sfidante Licia Mattioli, il che significa che tutti i 183 membri del Consiglio hanno partecipato, senza schede nulle né bianche. “Dobbiamo essere uniti. Insieme, dobbiamo cambiare e cambiare l’Italia”, ha detto l’industriale lombardo, a capo della biomedical Synomo, dopo il risultato. “Abbiamo una grande possibilità in un momento drammatico,fare quei cambiamenti strutturali di cui il Paese ha bisogno”. Questo, ha spiegato dopo aver ringraziato i colleghi e la sua sfidante, “con è il momento di gioire, dobbiamo metterci immediatamente in condizioni operative per affrontare la sfida tremenda che è di fronte a noi”. Sfida che parte dal portare la posizione degli industriali “su tutti i tavolo necessari, rispetto ad una classe politica che mi sembra molto smarrita in questo momento, che non ha idea della strada che deve percorrere il nostro Paese”.
Il numero uno degli imprenditori lombardi non ha mancato in passato critiche al governo – anzi, sulla contrapposizione con la Roma dei palazzi e la burocrazia aveva fondato la sua campagna elettorale, nel 2017 – e oggi non nasconde lo scetticismo nei confronti di una politica che “ci ha esposto a un pregiudizio fortemente antindustriale, non pensavo più di sentire l’ingiuria verso le imprese che sono indifferenti alla vita dei propri collaboratori, sentire certe cose dai sindacati mi ha colpito profondamente”. Ma non solo: i comitati degli esperti “vanno benissimo”, ma ce n’è “uno a settimana, senza poteri. Dà il senso del fatto che la politica non ha capito”. E il decreto liquidità viene bocciato perché “far indebitare le imprese non è la strada giusta, peraltro con tempi e modalità di accesso alla liquidità che non sono neanche immediati”. Bonomi guarda a un’Italia “posta in un regime fortemente e duramente restrittivo, mentre i nostri concorrenti in Europa continuano a produrre”. Ecco perché non bisogna perdere tempo, “bisogna riavviare le produzioni, perché sono quelle danno reddito e lavoro, non lo Stato. E evitare assolutamente una seconda ondata di contagio che sarebbe drammatiche e devastanti. E’ una sfida di oggi”. Perdere tempo, al contrario, “rischia di disattivare la nostra presenza nelle catene del valore aggiunto mondiali, dimenticando che l’export ci ha permesso quella ripresa nel 2014, nel 2017, che è stata vanificata da provvedimenti come reddito di cittadinanza, quota 100”.
A undici anni dal 2008 il Pil non era tornato ancora ai valori precrisi e “ora si è aperta una nuova voragine che sarà tremenda”, avvisa Bonomi. Ecco perché “Gli anni a venire ci chiederanno molta dedizione, molta passione civile, quella passione e dedizione che hanno portato i nostri padri e le nostre imprese a ricostruire l’Italia nel Dopoguerra”. Insieme, è la parola chiave, e lo ribadisce anche il presidente uscente, Vincenzo Boccia: ” “Saranno tempi difficili, di sacrifici, impegni e pochi onori, e l’auspicio che facciamo tutti noi a Carlo è che sia per tutti noi il presidente della ricostruzione, e per questo gli saremo tutti compatti e vicini, perché sappiamo distinguere il momento di confronto serrato a quello in cui lavoriamo uniti”.
(Antonella Scudiero – Lapresse)