Confronto a distanza tra i candidati del Pd. Zingaretti: elezioni se c’è crisi di governo

Foto Roberto Monaldo / LaPresse in foto Nicola Zingaretti

MILANO– Si sfidano, ma a distanza. A due settimane dalle primarie del Pd (il voto nei gazebo del 3 marzo) i tre candidati rimasti in corsa per la segreteria dem sfilano uno dopo l’altro davanti alle telecamere di Lucia Annunziata ma guai a parlare di confronto tv. Per quello, manca ancora l’accordo tra i leader. Così Roberto Giachetti, Maurizio Martina e Nicola Zingaretti si dividono, separatamente, tra programmi e futuro del partito.


Nessun affondo diretto reciproco e un’unica certezza comune

Matteo Renzi non lascerà il Pd. Giachetti si definisce “fedele” al progetto che l’ex premier aveva avviato mentre per Martina il tema reale “non è cosa faccia Renzi, ma cosa fa la destra pericolosa che sta governando il Paese” (e lancia il progetto di una segreteria unitaria).

Nessuna abiura neanche da Zingaretti che si augura “che Renzi ci sia. Poi deciderà lui cosa fare“.

Convitato di pietra, l’ex segretario Pd ha scientemente deciso di non partecipare alla gara congressuale (“ho raggiunto la pace dei sensi” dice da Fabio Fazio) ma nel corso delle presentazioni del suo ultimo libro in giro per l’Italia non manca di far recapitare il proprio pensiero. Chiunque sarà il neo segretario, ricorda, deve mantenere gli impegni presi, “perché tutti hanno detto che nessuno farà accordo con il M5s“.

In effetti, da parte di tutti i candidati arriva una netta chiusura ai vertici dei Cinque Stelle, per un eventuale accordo di governo: lo stesso governatore del Lazio, che nei mesi scorsi sembrava strizzare l’occhio ai pentastellati, ammette non avere questo “obiettivo politico”. E anzi, se fosse lui il segretario e se ci fosse una crisi (come l’attualità politica lascia intendere soprattutto sul caso Diciotti) “ferme le prerogative del Capo dello Stato”, chiederebbe elezioni anticipate.


Nessun rimpasto di governo, nessun esecutivo tecnico

Perché, incalza Martina, i 5s hanno ormai “perso l’anima” dato che i leader “lo stanno portando a destra. Hanno perso la loro ragione fondativa“. Per il futuro, e per le europee, l’ex segretario ad interim guarda al ‘modello Milano’: una coalizione di centrosinistra con dentro formazioni civiche, in cui coinvolgere tutte le energie che possono essere utili. Anche a sinistra. E invitando anche, secondo Zingaretti, gli ex elettori del Movimento 5 Stelle delusi dalla sua politica.

Veto, invece, per D’Alema e degli altri scappati di casa, ricorda Giachetti. Loro, è lapidario, “è meglio che vadano dove sono andati”. Archiviata la ‘questio’ alleanze, si pensa ai programmi e ai primi ‘100 giorni’ da segretario: il governatore del Lazio, al momento secondo i sondaggi in testa per la leadership, pensa a degli Stati Generali sul lavoro, ambiente e scuola; Martina intende riporre al centro la questione sociale, vero ‘tallone d’Achille’ del governo Renzi; Giachetti ritorno sul tema del Congresso volendo “chiedere scusa a tutti i candidati delle elezioni amministrative ed europee che si trovano a dover affrontare campagne elettorali con un partito ancora senza leadership“.

Dopo l’Abruzzo il 24 febbraio toccherà alla Sardegna andare al voto con un Pd senza segretario. Per il Piemonte, il 26 maggio insieme alle europee, i giochi saranno invece fatti.

(LaPresse)

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