ROMA – Con o senza il simbolo? Lista unica o liste separate? Il congresso Pd prosegue ed al centro del dibattito tra i due maggiori candidati, Nicola Zingaretti e Maurizio Martina, c’è sostanzialmente questo. Sembra un tema secondario, ma dietro alle querelle sul simbolo Dem non c’è solo una questione estetica, ma politica.
Zingaretti: “Nessun dogma sul simbolo”
L’idea del governatore del Lazio è sostanzialmente semplice. Il simbolo del Pd è un ostacolo all’opera di allargamento politico-culturale da mettere in campo per le prossime Europee. Se si dovesse avviare quel processo di ricostruzione che vedrebbe tornare a discutere chi oggi, a sinistra, è in ‘luoghi diversi’, allora via anche il simbolo. In sostanza: superare il Pd se e solo se si allarga il campo. Indirettamente Zingaretti sembra accogliere l’appello di Pier Luigi Bersani, ad esempio, a superare le attuali forze di centrosinistra per fondare qualcosa di nuovo tutti insieme. Il rischio, però, è di una sommatoria di sigle e nomenklature senza afflato politico. Ed in questo caso abbandonare anche il simbolo sarebbe un boomerang pericoloso per i Dem.
Martina apre a Calenda
La risposta di Martina è in realta in linea con l’idea di Zingaretti. L’ex ministro si dice “orgoglioso del simbolo del Pd. Il punto non è rinunciarvi ma metterlo al servizio insieme ad altri per una grande battaglia per la nuova Europa contro i nazionalpopulisti di casa nostra”. E poi l’apertua a Calenda: “So che insieme a tanti altri sta lavorando a un Manifesto di progetto. Guardo con interesse a questo sforzo”. “Il progetto è di costruire una lista unica delle forze sociali, civiche e politiche europeiste. Un fronte democratico che si riconosca nei valori europei e condivida un progetto di riforma profondo dell’Unione”, spiega Calenda.