Conte-Salvini, scintille sul vertice con i sindacati. Ma il leader della Lega non si ferma

Foto Roberto Monaldo / LaPresse in foto Giuseppe Conte, Matteo Salvini

ROMA – Non bastano le rassicurazioni e quel “senza voler togliere il lavoro a nessuno e senza volersi sostituire a nessuno”. Il vertice al Viminale tra il vicepremier, Matteo Salvini, e le parti sociali è la miccia che fa esplodere tensioni, a livelli altissimi negli ultimi giorni.

Il titolare dell’Interno accoglie a palazzo 43 sigle tra sindacati e associazioni di categoria. Si parla di manovra economica, che per Salvini andrebbe già affrontata “alla ripresa dei lavori Parlamentari”, quindi a settembre. Si propongono idee e si articolano proposte, quelle della Lega, puntando ovviamente sulla misura principe: la flat tax.

E il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, non ci sta. Con il volto tirato, da cui traspare una irritazione latente, il capo del governo parla di “scorrettezza istituzionale quando si anticipano temi e dettagli di quella che ritiene debba essere la manovra economica”. Insomma il premier non la manda a dire e nella solita conferenza stampa in piazza, per non tradire lo stile ‘avvocato del popolo’, difende la sua autorevolezza: “La manovra economica è prerogativa principalmente di Palazzo Chigi e del dicastero di Giovanni Tria, quindi non si fa altrove e non si fa oggi. E i tempi li decide il presidente del Consiglio, sentendo gli altri ministeri, in primis quello dell’Economia”.

Come se non bastasse, dalla presidenza del Consiglio trapela malcontento nei confronti di un alleato di governo che dice di ‘fare’ e che invece non è esente di mancanze. “A proposito di manovra e flat tax – chiariscono dallo staff del premier – da oltre due settimane il presidente sta sollecitando la Lega a dare i nomi dei delegati che dovrebbero rappresentare la Lega stessa ai tavoli sulla manovra (sono 5 tavoli, tra cui anche quello sulla riforma fiscale). La Lega non ha ancora indicato questi delegati”.

Anche Di Maio ci va giù pesante

“Non si facciano scherzetti agli italiani. Per quanto mi riguarda, basta recite, pensiamo a governare!”. Lo scontro è a viso aperto, con Salvini che in un primo momento sembra non raccogliere il guanto di sfida, poi tira la bordata finale, convocando un secondo tavolo la prima settimana di agosto.

Sarà di tipo “politico”, si terrà sempre al Viminale e con tutti gli esponenti della Lega, conferma dopo cinque ore di incontro che lui stesso definisce “con tantissime proposte e spunti interessanti“.

Il ‘Capitano’, non c’è dubbio, gioca sul filo di una crisi di nervi, non curandosi in alcun modo degli atteggiamenti né di Di Maio né di Conte perché, lascia intendere, “quando uno ha la coscienza pulita…”. È la linea del ‘concentrato sulle cose da fare’ e benché Salvini si renda conto che “i tempi della manovra li detta il presidente del Consiglio, di cui abbiamo piena fiducia”, assicura, non ha alcuna intenzione di farsi schiacciare da dai gossip sul presunto Russiagate, tantomeno da inchieste giudiziarie sui suoi uomini.

Al Viminale ci sono Armando Siri, ex sottosegretario e ideologo della Flat tax, dimissionario dopo l’inchiesta per presunta corruzione e anche Massimo Garavaglia, di cui si attende la sentenza il 17 luglio per turbativa d’asta quando era assessore lombardo all’economia. “Siamo in un Paese di diritto si è innocenti fino a prova contraria – sostiene – , fino a quando una persona non è condannata nel terzo grado di giudizio per me è innocente”. (LaPresse)

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