Due pesi, due misure. Da un lato c’è Benedetto Zoccola, un nome che a pochi dirà qualcosa. E’ un uomo che ha affrontato a muso duro la camorra a Mondragone. Porta su di sé i segni tangibili del contrasto alla mala casertana: un orecchio non gli funziona più dopo lo scoppio di un ordigno ‘sistemato’ sotto casa sua. E ha subìto persino un sequestro, con un pestaggio che gli ha lasciato cicatrici indelebili. Solo perché aveva denunciato chi aveva provato a far valere la legge della forza su quella dello Stato.
Saviano e la legalità “pay-per-view”
Dall’altro lato abbiamo Roberto Saviano. Formatosi alla scuola della Mondadori di Silvio Berlusconi, capace di performance impressionanti sotto il profilo dei risultati mediatici. Oggi è il guru riconosciuto della lotta al crimine, milionario grazie ad un testo che in parte è risultato copiato dai nostri giornali (lo dice una sentenza della Cassazione), ospite delle trasmissioni di punta di Berlusconi.
Quando i boss diventano opinionisti
Noi riteniamo che il mito da preservare e da avere come punto di riferimento sia non lui, ma Benedetto Zoccola. Più debole, certo, sotto il profilo della protezione mediatica. Ma più forte perché pronto e determinato a ribadire in ogni occasione il suo no alla prevaricazione di un sistema mediatico che porta addirittura i capi della camorra ad ergersi a critici di un apparato democratico che pure presenta punti di debolezza.
L’idea che l’anticamorra sia un mestiere
Fino a quando l’anticamorra rappresenterà uno strumento utile ad arricchire e a rendere famoso chi la interpreta, non ci sarà possibilità di sviluppare, nelle popolazioni assoggettate, quel senso di condivisione necessario a sconfiggere la piovra.
Un pluriomicida che fa la morale a magistrati e giornalisti
In una recente intervista concessa non da, ma ad Augusto La Torre, è stato consentito al boss di Mondragone di sputare sentenze su magistrati e giornalisti. Non riteniamo giusto il ‘fine pena mai’, ma sono necessari tempi congrui perché un pluriomicida confesso quale il camorrista in questione mostri il segno della sua redenzione. Tempi congrui e comportamenti oggettivamente ineccepibili.
Quando la libertà di parola diventa paradosso
Il diritto di parola non è in discussione, ma il non operare distinguo contribuisce, consapevolmente o inconsapevolmente, a permettere a delinquenti conclamati di ergersi a censori degli atteggiamenti altrui. Non lo riteniamo giusto, per rispetto dei tanti Benedetto Zoccola che hanno subito e subiscono gli effetti di un pensiero mafioso che è ben lontano dall’essere sconfitto. Avrà tempo e modo il camorrista in questione di dimostrare il suo essere diventato persona degna di far parte di una comunità. Non riteniamo che ciò sia già avvenuto.
Chi combatte i clan lo fa per la comunità, mai per se stesso
A Benedetto Zoccola questo articolo non piacerà. Non gli farà piacere l’idea che il suo vissuto possa essere funzionale alla creazione di un ‘martire’ della criminalità organizzata. Non per paura (ha abbondantemente dimostrato di saper dominare questo sentimento), ma perché è uno di quelli che pensano che una situazione di pericolo non debba giustificare condizioni di privilegio. Di qualsiasi natura, men che meno di carattere economico e sociale. Un rischio che potrebbe, in questi casi, pregiudicare la giustezza di una condivisione collettiva.
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