Copyright, il Parlamento Europeo rinvia la riforma a settembre

Ma M5S e Lega già esultano: abbiamo sventato il bavaglio

STRASBURGO – ll Parlamento Europeo ha bloccato la riforma del copyright. L’Eurocamera, riunita in plenaria a Strasburgo, ha respinto l’avvio dei negoziati con il Consiglio (318 no, 278 sì e 31 astenuti) su una proposta di direttiva che aveva spaccato a metà l’Assemblea. Ora la discussione della proposta è rimandata alla prossima plenaria, a settembre, ma probabile che il testo sul digital single market sia destinato a incagliarsi su ulteriori emendamenti da qui alla fine della legislatura. Tutto da rifare, quindi, ma c’è già chi esulta.

Esultano Movimento Cinque Stelle e Lega

Esultano M5S e Lega, i due partiti che più si erano schierati contro la direttiva. “Oggi è un giorno importante, il segno tangibile che finalmente qualcosa sta cambiando anche a livello di Parlamento Europeo”, sottolinea Luigi Di Maio. “La seduta plenaria di Strasburgo ha rigettato il mandato sul copyright al relatore Axel Voss smontando l’impianto della direttiva bavaglio”. “La proposta della Commissione europea ritorna dunque al mittente rimanendo lettera morta. Il segnale è chiaro: nessuno si deve permettere di silenziare la rete”. Sulla stessa linea il commento di Matteo Salvini: “Bavaglio alla rete e a Facebook respinto ora a Strasburgo anche grazie al no della Lega: non ci fermeranno”.

Tutto rimandato a settembre

La decisione rimanda a settembre l’avvio dei negoziati fra Parlamento, Commissione e Consiglio europeo. Il voto era atteso con grande interesse perché determina il futuro di una direttiva molto importante, con conseguenze per tutti gli utenti di Internet in Europa e non solo. E’ una questione intricata. Uno degli obiettivi della nuova direttiva sul copyright è provare a bilanciare meglio il rapporto tra le piattaforme online – come Google, Facebook e Microsoft – e gli editori, i cui contenuti sono sfruttati dalle prime all’interno dei loro servizi. Il tema è controverso e annoso: da una parte ci sono gli editori che accusano social network e motori di ricerca di usare i loro contenuti (per esempio con le anteprime degli articoli) senza fornire in cambio nessuna forma di compensazione economica. Dall’altra ci sono le piattaforme che dicono di fare già gli interessi degli editori, visto che il loro traffico arriva in buona parte dalle anteprime pubblicate sui social network. Oppure inserite nelle pagine dei risultati dei motori di ricerca.

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