Il premier Giuseppe Conte non molla la sua scrivania e senza sosta si confronta con le varie anime delle squadre messe in campo. Lavorare pancia a terra per far ripartire il Paese, senza abbassare però la guardia contro il Coronavirus. L’obiettivo è sfornare a inizio settimana prossima, questa la previsione più ottimistica, un nuovo decreto che regoli la fase 2 e la fine del lockdown, anche se parziale, dopo il 3 maggio. Una serie di misure da alleggerire per allentare la morsa, sia sul piano sociale che su quello economico, e dare la percezione che qualcosa sta cambiando. Ma sono le ‘condizioni’, su cui dibattono e spesso si scontrano scienziati, politici e tecnici, a essere difficili da individuare per una ripresa, seppur ‘timida’.
Le riunioni si susseguono, solo nella giornata di sabato Conte ha visto prima i capi-delagazione della maggioranza (Alfonso Bonafede, Roberto Speranza, Dario Franceschini e Teresa Bellanova) per poi collegarsi con il capo della task force Vincenzo Colao e a seguire anche gli scienziati, tra cui il presidente Iss, Silvio Brusaferro, e il presidente del Css, Franco Locatelli. A Conte il compito di smussare gli spigoli tra i due gruppi di lavoro, che negli ultimi giorni hanno dimostrato di non ‘ritrovarsi’ nelle rispettive posizioni. I dati, sull’andamento dei contagi, fanno ben sperare e si conta di avere una curva quasi a zero già dalla terza settimana di maggio, per questo il team di studiosi sembra più cauto, mentre la task force dell’ex ad di Vodafone vorrebbe accelerare dando ossigeno alle aziende, rendendo quindi più fattiva la rinascita.
L’obiettivo è quindi quello di evitare il cortocircuito, mentre le pressioni delle regioni resta incessante. Il governatore del Veneto Luca Zaia, addirittura ipotizza un anticipo già nei prossimi giorni: “La mia posizione è che il 4 maggio si possa aprire con le regole e con le garanzie scientifiche: si volesse fare un passo in più si potrebbe allentare da subito, in modo razionale, prudente e ragionato”. E se dalla Toscana, il presidente Rossi, propone la riapertura delle ditte più votate all’export (circa tremila imprese con oltre il 25% di fatturato realizzato sui mercati internazionali), Attilio Fontana, preme per abbandonare il metodo per codici Ateco, in favore di un ragionamento per filiere produttive a cerchi concentrici. Oltre a cantieri edili, pubblici e privati, in vista del prossimo 4 maggio, la Lombardia sta valutando di proporre al governo il via libera anche al tessile, alla moda, alla fabbricazione di autoveicoli. Il tutto dovrà avvenire, ovviamente, nel rispetto delle disposizioni sanitarie e a tutela della salute dei cittadini. E’ la premessa.
E sul pressing lombardo arriva altolà del commissario straordinario all’emergenza, Domenico Arcuri: “Tra l’11 giugno 1940 e il 1 maggio 1945 a Milano sono morti sotto i bombardamenti della seconda guerra mondiale 2 mila civili, in 5 anni. In due mesi in Lombardia per il coronavirus sono morte 11.851 civili, 5 volte di più. E’ un numero clamoroso”. Insomma bisogna andarci con i piedi di piombo. Quello che invece sembra fattibile è allentare alcune misure e far tornare i cittadini a godere della ‘corsetta’, anche se solo allungando il raggio di azione. E’ la misura caldeggiata nei scorsi giorni dal viceministro Pierpaolo Sileri e che ora, riferiscono fonti della maggioranza, si vuole portare all’attenzione del governo, affinchè sia “oggetto di confronto e riflessione” per poter essere inserito nel nuovo Dpcm con le regole per la fase 2. Considerando che le palestre e le piscine, rimarranno chiuse ancora per molto, l’idea è quella di allargare da 200 a massimo 500 metri, dalla propria abitazione, la possibilità di fare jogging e sport ma sempre per “un tempo necessario” e da soli. Un piccolo passo avanti, “leggero ma percettibile”, che richiederà la responsabilità dei cittadini nel rispetto delle regole, che saranno comunque soggette a controlli rigidissimi. Non è ancora sul tavolo invece l’ipotesi di riapertura di parchi e ville.
(Donatello Di Nitto – LaPresse)