AVERSA – Curatori fallimentari nominati in cambio di soldi, appartamenti e viaggi turistici: a scegliere i professionisti e ad intascare quattrini e altri benefit, per la procura di Roma sarebbe stato il giudice Enrico Caria, 57enne partenopeo. Il Riesame, su richiesta degli inquirenti ha ordinato il suo arresto (domiciliari). Ma la misura cautelare per essere eseguita dovrà superare il vaglio della Cassazione. Il pm aveva chiesto già il suo arresto il 6 febbraio del 2018, ma il gip, il 27 luglio dello stesso anno, rigettò tutte le proposte dell’accusa.
Il ricorso della procura
Contro quell’ordinanza la Procura ha presentato ricorso al Riesame: il collegio presieduto dal giudice Bruno Azzolini, oltre a predisporre i domiciliari per Caria, assistito dai legali Vincenzo Maiello e Francesco Barra Caracciolo, ha disposto misure interdittive per un anno nei confronti del consulente Alessandro Colaci, 48enne di Bologna, dell’architetto Giancarlo Piro Calise, 57enne, dell’avvocato Daniela D’Orsi, 47enne, e del commissario giudiziale Alfredo Mazzei, 58enne. Per tutti, invece, il pm aveva chiesto la custodia cautelare in carcere, proposta non ritenuta applicabile dal Riesame. Nel collegio difensivo gli avvocati Marcello Fattore, Filippo Dinacci, Luigi De Vita, Italo Benigni, Claudio Botti e Riccardo Olivo.
La decisione del Riesame
Stando alla decisione del tribunale della Libertà, per Caria sono stati necessari i domiciliari e non l’interdizione perché avrebbe dimostrato “non solo scaltrezza e spregiudicatezza, ma anche una consistente capacità di sfruttare la sua posizione e soprattutto i suoi rapporti personali con altri soggetti istituzionali e non per condizionare l’operato di colleghi e altri pubblici ufficiali”. Il Riesame, a titolo esemplificativo, ha citato i presunti tentativi dell’indagato di “condizionare, tramite l’ex magistrato ed ex parlamentare Giuliano (non indagato ed innocente fino a prova contraria), il Presidente del tribunale (estraneo alla vicenda) per fargli modificare un parere a lui non favorevole”. Il 57enne, in servizio prima presso la sezione fallimentare di Napoli e poi presso quello di Santa Maria, avrebbe commesso “reiterate violazioni ai doveri di lealtà e imparzialità nell’esercizio delle funzioni di giudice”. Le ipotizzate condotte illecite contestate gli avrebbero consentito un tenore di vita superiore a quello che probabilmente avrebbe potuto permettersi da magistrato. A coordinare l’attività investigativa sulle assegnazioni di curatori e consulenti sono stati il pm Stefano Rocco Fava e il procuratore aggiunto Paolo Ielo.
I reati contestati
Nell’inchiesta sono coinvolti a piede libero anche altri 10 indagati. A Caria, Calise, Gaetano Ruggiero, Giuseppina Napolitano, D’Orsi, Riccardo Macchioni, Antonio Tuccillo, attuale presidente dell’ordine dei commercialisti di Napoli Nord, Alessandro Colaci, Raffaele Salese, Gianclaudio Fischetti, Elena Bernardi, Gerardo Florenza, Erminio Salvatore Rabuano, Adriano Di Micco e Luca Pisani è contestato il reato di corruzione in atti giudiziari in relazione alla presunte nomine illecite di curatori fallimentari, consulenti fallimentari e commissari giudiziari Antonio De Simone, Angela Milella, Giuseppe Mariscotti in concorso con Caria e Ruggiero rispondono di peculato. Sempre Caria con Luciano Bifolco è inquisito per falso ideologico. E’ in corso anche un procedimento parallelo che ha tirato in ballo a piede libero Luca Parrella, Francesco Palmieri, Massimo Matera, Antonio Savino e Francesco Matacena (difesi dai legali Giampiero Pirolo, Andrea Abbagnano Trione, Raffaele Costanzo, Francesco Coppi). Per loro e altri 6 indagati si celebrerà udienza camerale lunedì prossimo davanti al gip in relazione alla richiesta di proroga delle indagini avanzata dal pubblico ministero.