MILANO – La Guardia di Finanza di Torino ha denunciato una frode nelle pubbliche forniture perpetrata durante l’emergenza sanitaria nella prima ondata pandemica, per la quale sono stati denunciati i componenti dell’intero quadro dirigenziale di una società che gestisce residenze sanitarie assistenziali (RSA) in tutto il Nord Italia, soprattutto nell’hinterland di Torino e Milano, e i direttori di due RSA operanti nel capoluogo piemontese.
La notifica della chiusura delle indagini avviene a distanza di pochi giorni dall’archiviazione delle ipotesi di reato di epidemia e omicidio colposo, per le quali risultavano iscritti nel registro degli indagati i medesimi dirigenti in relazione alla gestione delle due RSA di Torino ove si sono verificati oltre cento decessi in tale periodo.
L’assenza di qualsiasi tracciamento dei pazienti affetti da Covid-19- si legge nella nota della gdf – ha, di fatto, reso impossibile la dimostrazione, da parte dei periti incaricati dalla Procura della Repubblica di Torino, del nesso causale tra la diffusione dei contagi e le morti degli ospiti delle RSA che, in ipotesi, avevano contratto il Covid-19 in relazione ai trasferimenti avvenuti nelle strutture.
Le investigazioni, svolte dal 2° Nucleo Operativo Metropolitano Torino della Guardia di Finanza, coordinate dai Procuratori Aggiunti, Dott.ssa Enrica Gabetta e Dott. Vincenzo Pacileo e dirette dai Pubblici Ministeri Giovanni Caspani e Rossella Salvati, durate un anno, hanno preso il via a seguito degli esposti presentati dai parenti degli anziani ospitati nelle RSA e deceduti nel corso della prima fase della pandemia.
I documenti e le dichiarazioni acquisiti nel corso delle indagini avrebbero fatto emergere elementi idonei a ritenere che la società abbia manifestato la disponibilità all’inserimento di pazienti Covid-19 provenienti dagli ospedali pur nella consapevolezza di non poter garantire il rispetto delle linee guida diramate dall’Istituto Superiore della Sanità nonché delle direttive impartite e dei protocolli elaborati dalla sanità piemontese, cui le strutture dovevano attenersi in relazione ai cc.dd. “livelli essenziali di assistenza”.
In particolare, dall’audizione dei dipendenti delle RSA e dall’esame della documentazione analizzata risulterebbe che le due strutture non avrebbero rispettato le normative per le prestazioni da eseguire per la fascia assistenziale di “Alto livello incrementato” come parametri standard riferito ai pazienti Covid-19 inseriti nelle RSA, quanto alle forniture/modalità di utilizzo dei D.P.I., alla separazione dei percorsi, alla distinzione tra pazienti Covid-19 positivi e non, alla predisposizione di specifici corsi, alla sanificazione dei locali, allo screening dei pazienti all’ingresso e del personale nonché dei degenti con sintomi compatibili alla malattia e ai tempi di assistenza da destinare ai pazienti.
Ferma restando la presunzione di innocenza fino a compiuto accertamento delle responsabilità, la mancata erogazione di dette prestazioni, oltre a integrare il reato di frode nelle pubbliche forniture – conclude la nota – avrebbe consentito illeciti risparmi a vantaggio delle RSA.
(LaPresse)