MILANO – Dopo l’allarme della comunità medico-scientifica, i dati Inail certificano un fenomeno già registrato: la seconda ondata di Covid è stata peggiore della prima. A indicarlo le rilevazioni dell’istituto circa il numero dei contagi sul lavoro.
Dall’inizio della pandemia fino allo scorso 28 febbraio, infatti, i contagi da Covid-19 sul lavoro denunciati sono 156.766, pari a circa un quarto del complesso delle denunce di infortunio sul lavoro pervenute all’istituto dal gennaio 2020 e al 5,4% del totale dei contagiati comunicati dall’Istituto superiore di sanità (Iss) alla stessa data. Rispetto alle 147.875 denunce rilevate dal monitoraggio mensile precedente, spiega l’Inail, i casi in più sono 8.891 (+6%).
Aumento di contagi sul lavoro nella seconda ondata
I dati mostrano quindi un deciso aumento. Ma più che la crescita – che rispecchia l’andamento complessivo dei contagi – a confermare il ‘peso’ della seconda ondata è un altro dato. Con il 64,4% delle denunce, sottolinea l’Inail, l’incidenza della seconda ondata del periodo ottobre 2020-febbraio 2021 è il doppio rispetto a quella del trimestre marzo-maggio 2020.
Uno scenario che si riflette anche nell’andamento mensile. Infatti le denunce, si sono concentrate nei mesi di novembre (24,5%), marzo (18,1%), ottobre (15,3%), dicembre (15,2%), aprile (11,7%), maggio (2,4%) e settembre (1,2%) del 2020.
La situazione si ribalta se si guarda ai casi mortali. E’ infatti la prima ondata, in questo caso, ad avere avuto un impatto più significativo della seconda: il 67,8% dei decessi, infatti, è stato denunciato nel trimestre marzo-maggio 2020 contro il 29,6% del periodo ottobre 2020-febbraio 2021.
In totale il bilancio delle vittime segnalate all’istituto è di 499 morti, circa un terzo del totale dei decessi sul lavoro denunciati all’Inail dal gennaio 2020. Rispetto ai 461 casi rilevati dal monitoraggio al 31 gennaio, i decessi sono 38 in più.
L’analisi territoriale
L’analisi territoriale evidenzia una distribuzione delle denunce del 44,6% nel Nord-Ovest. Al primo posto la Lombardia con il 26,5% dei casi. Seguono il 24,3% nel Nord-Est, il 14,5% del Centro e il 12,1% al Sud. Guardando ai soli casi mortali, la percentuale del Nord-Ovest sale al 47,5% (prima la Lombardia con il 33,9%), mentre il Sud, con il 20,9% dei decessi denunciati (contro il 12,1% riscontrato sul complesso delle denunce), precede il Centro (14,8%), il Nord-Est (12,2% rispetto al 24,3% delle denunce totali) e le Isole (4,6%).
L’età media dei contagiati
L’età media dei contagiati dall’inizio dell’epidemia è di 46 anni per entrambi i sessi (59 per i deceduti). Il 42,1% del totale delle denunce riguarda la classe 50-64 anni. Seguono le fasce 35-49 anni (36,8%), under 34 anni (19,2%) e over 64 anni (1,9%). L’86% delle denunce riguarda lavoratori italiani. Il restante 14% sono stranieri, concentrati soprattutto tra i lavoratori rumeni (21% dei contagiati stranieri), peruviani (13,2%), albanesi (8,0%), moldavi (4,4%) ed ecuadoriani (4,3%).
La stragrande maggioranza dei contagi e dei decessi (rispettivamente 97,6% e 91,4%) ricade nell’industria e servizi, con i restanti casi distribuiti tra amministrazioni centrali dello Stato, scuole e università statali, agricoltura e navigazione.
Professioni sanitarie
L’andamento dei contagi per mese mostra per le professioni sanitarie una progressiva riduzione dell’incidenza dei casi tra le prime due fasi della pandemia e un incremento nella terza. Altre professioni, con la ripresa delle attività, hanno visto invece aumentare l’incidenza delle infezioni tra le prime due fasi e registrato una riduzione nella terza. È il caso, per esempio, degli esercenti e addetti nelle attività di ristorazione, degli addetti ai servizi di sicurezza, vigilanza e custodia e degli artigiani e operai specializzati delle lavorazioni alimentari.
(AWE/LaPresse)