NAPOLI – Non si placa l’ondata di proteste che in questi giorni attraversano e scuotono il mondo della scuola. Sono ricominciate le lezioni in presenza ieri anche per nidi, elementari e medie dopo che il Tar ha bocciato l’ordinanza voluta dal presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca con la quale si rimandava la riapertura delle scuole a fine gennaio. Esultano, si fa per dire, gli studenti e i genitori ‘no dad’, ma la situazione contagi in città oggi è così drammatica che il ritorno in aula appare problematico e pieno di insidie anche a chi da sempre sostiene che l’unica scuola possibile sia quella in presenza.
Parliamo proprio di loro, i diretti interessati: gli studenti. Quella di ieri è stata una giornata di proteste organizzate da più licei napoletani che hanno organizzato un presidio alle 8 e 30 con appuntamento in Largo Berlinguer, per poi dirigersi verso la sede di Città Metropolitana, in piazza Matteotti, che gli studenti hanno piantonato per ottenere un incontro con i vertici dell’ente. Uno slogan alla base della protesta, una rima concisa ed efficace: “Vogliamo certezza, rientro in sicurezza”. Il testo di più di uno striscione apparso in piazza, oltre che dei cori che i ragazzi e le ragazze hanno cantato in direzione dei dirigenti politici con cui hanno cercato a lungo un confronto. Ma cosa chiedono i liceali? Un ritorno a scuola che li tuteli dal contagio e che faciliti chi non ha gli strumenti economici per difendersi contro il virus. E quindi mascherine Ffp2 e tamponi gratuiti per gli studenti, e un deciso ‘no’ alla didattica a distanza, punto questo sul quale la platea studentesca non si è mai spaccata dall’inizio della pandemia.
“Nessuna sicurezza nelle scuole, ma la dad non è la soluzione”: sono d’accordo i ragazzi e le ragazze di Napoli, studenti e studentesse del liceo Gian Battista Vico, del Mercalli, del Galileo Ferraris e del Pagano. Un presidio organizzato su Instagram, che in poche ore ha raccolto tantissime adesioni. Il momento forse più difficile, questo, per la scuola, quello in cui, sia per i ragazzi che per le loro famiglie, la rabbia per un futuro sempre più incerto si alterna alla paura di ammalarsi.