ROMA – Una paginetta scritta, che Mario Draghi legge in modo veloce e asciutto ai ministri, con tono “severo”. “Voglio annunciarvi che questa sera rassegnerò le mie dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica”, esordisce. Il M5S ha confermato la decisione presa non votando la fiducia al decreto Aiuti, il Governo ha comunque incassato i sì necessari (finisce 172 a 39), ma per il premier il dato politico resta. “La maggioranza di unità nazionale che ha sostenuto questo governo dalla sua creazione non c’è più. E’ venuto meno il patto di fiducia alla base dell’azione di governo”, scandisce. L’inquilino di palazzo Chigi ne ha già parlato con Sergio Mattarella in un primo faccia a faccia al Quirinale nel pomeriggio, che va avanti per circa un’ora. Draghi ribadisce al presidente della Repubblica la difficoltà di andare avanti, di governare e fare le cose ora che i distinguo e i paletti non sono più solo a parole, ma azione rese concrete dal comportamento di una forza di maggioranza e messi agli atti sui tabulati di palazzo Madama. “Contano i fatti”, ribadisce all’inquilino del Colle, che comprende ma rappresenta al premier la delicatezza della fase che il Paese si appresta ad attraversare, tra crisi e inflazione, spread che sale, guerra in corso ai confini dell’Europa e Covid che riprende forza.
Draghi si prende un paio d’ore di riflessione, poi però in Cdm conferma la linea. Nonostante “il massimo impegno” messo in atto “per proseguire nel cammino comune, anche cercando di venire incontro alle esigenze che mi sono state avanzate dalle forze politiche – sottolinea – questo sforzo non è stato sufficiente”. Ricorda che l’esecutivo è nato e sarebbe andato avanti “soltanto se ci fosse stata la chiara prospettiva di poter realizzare il programma di governo”, andando avanti “con compattezza”. Adesso, dice chiaro, “queste condizioni oggi non ci sono più”. Draghi quindi si dice orgoglioso dei risultati raggiunti e ringrazia i ministri per il lavoro fatto insieme, anticipa che mercoledì farà un passaggio alle Camere e si rimette seduto. Nella sala del Governo scatta addirittura l’applauso, poi, nel silenzio che viene dopo è Andrea Orlando l’unico che prova subito ad aprire una breccia. Il capodelegazione dem chiede al premier di “valutare, previa la debita chiarezza con le forze politiche, se ci sono le condizioni per un ripensamento”. Roberto Cingolani lo interrompe, quasi a muso duro: “Non è il caso di giocare di fioretto”, attacca, specie “di fronte alla preoccupazione sulle scorte di gas per l’inverno” e alla situazione internazionale, la linea del titolare del Mims. “Proprio per questo motivo è meglio che rimanga presidente in carica invece che un salto nel buio…”, prova a ricomporre la situazione Orlando, ma Cingolani non ci sta e lo accusa di aver in realtà “contribuito” a determinare la crisi, facendo il “gioco di Conte”. E’ Draghi in persona a chiudere la querelle, alzandosi, salutando e andando via, dritto al Quirinale a rassegnare le dimissioni.
Mattarella le respingerà, chiedendo al premier di “presentarsi al Parlamento per rendere comunicazioni, affinché si effettui, nella sede propria, una valutazione della situazione che si è determinata”. Lunedì e martedì Draghi, leader di un Governo con pieni poteri, sarà ad Algeri per il vertice intergovernativo. La data cerchiata in rosso è quella di mercoledì. Intanto, immediato parte il pressing dei partiti, Pd in testa.
“Ora ci sono cinque giorni per lavorare affinché il Parlamento confermi la fiducia al Governo Draghi” , scrive su Twitter Enrico Letta. “Mercoledì sarà la giornata decisiva, non oggi. In Parlamento, alla luce del sole, tutte le forze politiche dovranno dire agli italiani cosa intendono fare”, gli fa eco Dario Franceschini. “Draghi ha fatto bene, rispettando le Istituzioni: non si fa finta di nulla dopo il voto di oggi – commenta Matteo Renzi – Noi lavoriamo per un Draghi-Bis da qui ai prossimi mesi per finire il lavoro su PNRR, legge di Bilancio e situazione ucraina”. E se la Lega resta alla finestra e FdI chiede elezioni subito perché “la legislatura è finita”, anche FI spera ancora in un Draghi bis: “Nessuno, in Europa e nel mondo, capirebbe un’Italia che manda a casa una delle premiership piú stimate e credibili dell’Occidente come quella di Mario Draghi”, sintetizza Mara Carfagna.
In realtà, chi ha parlato con Draghi ribadisce come il premier ami parlare con i fatti e il fatto in questo momento sono le dimissioni. “Nei prossimi giorni – filtra da palazzo Chigi – il presidente guarderà a cosa succederà sui mercati e al dibattito che si svilupperà tra i partiti”, ma la scelta potrebbe non prevedere retromarce. Mercoledì l’ex numero uno Bce parlerà al Parlamento ma potrebbe anticipare un eventuale voto tornando al Colle per rimettere, una volta per tutte, il suo mandato.
(LaPresse)