ROMA – Se son rose fioriranno, ma ancora sono tante le spine sulla trattativa tra Pd e M5S. Mentre i travagli interni ai due partiti sembrano non sopirsi, il dialogo tra Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti è tutto in salita. I due leader si incontrano lontano dai riflettori, in un luogo top secret. Un cena a due, dove come ‘primo piatto’ c’è il nome del premier, che il capo politico pentastellato ha indicato in Giuseppe Conte. Lo stesso Grillo rilancia l’avvocato del popolo, come una soluzione per la guida del governo giallorosso. Una aut aut che potrebbe essere mal digerito dal segretario del Pd, ma su cui i grillini non hanno intenzione di cedere.
Dall’una e dall’altra parte i sospetti sono numerosi, soprattutto quando scoppia il giallo sul faccia faccia da tenersi nel week end (sabato), prima fatto trapelare dal Nazareno con un semplice “ci stiamo lavorando” e poi smentito dalla base pentastellata con “niente in programma”. Poi colpo di scena, i due leader si vedono e non è detto che, tra i nodi non ci sia quel secondo forno, che potrebbe essere riacceso anche a stretto giro.
Il capo politico dei 5Stelle infatti non cede al pressing dei cronisti e su ipotetici canali aperti con Matteo Salvini non risponde. La porta infatti per Di Maio è ancora aperta, riferiscono fonti accreditate, anche se la trattativa con il Carroccio non esiste.
La conferma arriva proprio al termine di due ore di incontro tra la delegazione M5S e quella Pd, per bocca di Francesco D’Uva: “Non abbiamo altri tavoli e confronti con altre forze politiche” e qualora fallisse la trattativa del Pd “mi sembra chiaro, non ci sono altre alternative” se non il voto.
Una luce in fondo al tunnel forse, ma ancora molto lontana
Il Partito democratico non si fida, il dialogo a Montecitorio è stato “costruttivo”, ma è dal Nazareno che arriva la richiesta di un “passaggio formale”, una dichiarazione chiara e incontrovertibile al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, la stessa che al primo giro di consultazioni non è arrivata.
Lo spettro del Capitano su una trattativa dai tanti spigoli si materializza, con il silenzio
Salvini non commenta, esce dai radar dopo una diretta facebook dal Viminale. La ‘bestia’ tace e non va all’attacco dell’inciucio anche quando dagli uffici dei 5Stelle arrivano chiari segnale di un governo giallorosso che getta delle basi solide. La strategia di Di Maio resta ancora un mistero e lascia le due strade aperte: una prova muscolare per alzare la posta o per far fallire la trattativa col Pd per riaprire con il Carroccio, da dove arriva ottimismo.
Non ci sono “ostacoli insormontabili da superare” conferma Andrea Marcucci, ma sul taglio dei parlamentari i pentastellati non intendono indietreggiare. Le condizioni sulla legge Fraccaro del Pd restano immutate: “Siamo disponibili a votare la legge ma riteniamo che vada accompagnato da garanzia costituzionali e da regole sul funzionamento parlamentare. E’ questo il senso del calendario che siamo disponibili a costruire insieme e in tempi rapidi”.
Inaccettabile, tuonano fonti grilline “il taglio-poltrone va fatto a settembre, senza modifiche”. I segnali è evidente sono discordanti per ora l’unica cosa certa dal Pd, e solo dal Pd, arriva l’annuncio dell’apertura domenica di sei tavoli tecnici domenica pomeriggio “per il programma del Governo di svolta”.
Mentre in casa 5Stelle si pensa di fruttare il week end per mettere al voto sulla piattaforma Rousseau l’eventuale alleanza con Pd. I tempi stringono, però, e il secondo giro di Consultazioni è sempre più vicino. Mattarella osserva e aspetta, nessuna dichiarazione verrà presa in considerazione se non espressa nello studio alla Vetrata del Quirinale. (LaPresse)