ROMA – Un Matteo Salvini con gli occhi rivolti verso il cielo, in cerca di risposte che sembra non trovare nel pantano molto terrestre della politica. E’ l’immagine fotografica scelta dal M5S per lanciare dal blog un attacco duro all’ormai ex alleato. “Hanno aperto una crisi di governo in pieno agosto annunciando di essere pronti a dimettersi in blocco e invece ancora sono lì, incollati alla poltrona”, scrive il sito di riferimento del Movimento.
Un azione che i pentastellati bollano come “irresponsabile e fatta solo per tutelare gli interessi di partito, per portare a casa nuove poltrone”. In buona sostanza una “storia da Prima Repubblica”. Ma non basta. Se i grandi promotori del cambiamento sembrano ormai aver voltato le spalle al ministro dell’Interno, anche dal passato sembrano giungere cattive notizie per chi, dicono dal Movimento, “ha provato a fregarci tutti ma alla fine si è fregato lui”.
Il riferimento è a Silvio Berlusconi che, spiegano, “gli ha dato picche” nonostante i leghisti “24 ore dopo aver aperto la crisi lo hanno chiamato e sono andati ad Arcore”. E, ragionano ancora i Cinque Stelle, sarebbe proprio questo stallo nella trattativa per un ritorno di un centrodestra unito anche a livello nazionale ad aver costretto Salvini ad un rallentamento, al quale però i Cinque Stelle non vogliono prestare il fianco.
Intanto, in attesa del ‘redde rationem’ del 20 agosto con le comunicazioni al Senato del premier Giuseppe Conte, il leader della Lega prosegue nella sua battaglia contro le ong, in aperta polemica contro lo stesso presidente del Consiglio. Una posizione che i Cinque Stelle giudicano di comodo. “Salvini ha fatto cadere il governo e pretende ancora di fare il ministro. Parla da ministro, ma per conto di chi e di cosa se ha detto che vuole sfiduciare il governo? Si dimetta se ha un briciolo di coerenza”, spiegano fonti del Movimento.
Il M5S attacca, la Lega attende
Gli esponenti del Carroccio si mostrano uniti nel sostenere le scelte del loro leader, ma non mancano falchi e colombe. Nel secondo gruppo c’è il sottosegretario al Ministero del Lavoro, Claudio Durigon, che chiede di “far decantare un po’ la situazione. Anche perché avevamo lavorato bene per undici mesi”. Più caustico Roberto Calderoli che, dall’alto della sua esperienza di 27 anni di parlamento, sentenzia: “Dietrofront? Non vedo margini. Al 70-80% si va a votare”.
In uno scenario così fluido, sarà assolutamente centrale il ruolo di Sergio Mattarella. Il presidente della Repubblica è già rientrato a Roma dalla Maddalena, accorciando di qualche giorno le sue vacanze per monitorare da vicino la situazione. L’inquilino del Colle osserva con attenzione l’evolversi della crisi e al momento prende le distanze, ma entrerà davvero in scena solo quando e se il premier Giuseppe Conte salirà al Quirinale per dimettersi. Il motivo è prettamente tecnico: solo in quel momento la crisi sarà ufficiale e Mattarella potrà gestirla.
Gli occhi dell’ex giudice della Corte Costituzionale, è la linea ripetuta a più interlocutori, sono tutti sul dibattito che si svolgerà nell’aula del Senato martedì durante le comunicazioni di Conte.
In questi giorni le dichiarazioni non sono mancate, ma c’è un punto fermo: fino agli incontri alla Vetrata, per Mattarella le ipotesi di convergenze tra partiti e maggioranze trasversali hanno poco peso. Al Colle i gruppi politici dovranno esprimersi con chiarezza e, dopo averli ascoltati, si apriranno due strade: voto anticipato o provare a verificare se ci siano maggioranze alternative.
Nel primo caso il presidente potrebbe fare delle consultazioni lampo di due-tre giorni, per poi sciogliere le Camere e indire le elezioni, a quel punto possibili il 27 ottobre. Nel secondo scenario non è escluso un secondo giro di ricognizione, e magari anche un mandato esplorativo. A chi è ancora tutto da vedere: i contorni della crisi sono ancora da decifrare anche per una figura di esperienza come Mattarella. (LaPresse)