ROMA – Per la prima volta, dopo dieci anni di indagini e otto processi, una sentenza stabilisce che Stefano Cucchi morì vittima di omicidio preterintenzionale. I giudici della prima Corte d’Assise di Roma condannano quattro dei cinque carabinieri imputati nel procedimento sulla morte del giovane: 12 anni di carcere a Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro che lo pestarono la notte dell’arresto nella caserma della compagnia Casilina, tre anni e otto mesi al maresciallo Roberto Mandolini, il loro superiore condannato per falso che avrebbe coperto quanto accaduto, e due anni e sei mesi per falso a Francesco Tedesco, il militare che nel corso del procedimento ha accusato Di Bernardo e D’Alessandro ed è stato assolto dall’accusa di omicidio preterintenzionale.
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In aula i genitori e la sorella di Stefano ascoltano in silenzio, con gli occhi lucidi, una sentenza che, per la prima volta, dà ragione a chi da dieci anni chiede giustizia: “Finalmente sentiamo la parola ‘colpevole’ e una verità che noi conoscevamo dal 2009”, dice la madre di Stefano, Rita, con il marito Giovanni che, al suo fianco, le stringe la mano, mentre Ilaria commenta: “Oggi ho mantenuto la promessa fatta a mio fratello dieci anni fa quando l’ho visto morto sul tavolo dell’obitorio e gli ho detto: ‘Stefano ti giuro che non finisce qua’. Abbiamo affrontato tanti momenti difficili, siamo caduti e ci siamo rialzati, ma oggi giustizia è stata fatta e Stefano, forse, potrà riposare in pace”.
Il pm Giovanni Musarò chiedeva 18 anni di carcere per Di Bernardo e D’Alessandro, tre anni e sei mesi per Tedesco, e otto per Mandolini, all’epoca dei fatti a capo della stazione Appia.
A stretto giro, arriva anche il commento del comandante generale dell’Arma Giovanni Nistri, che nel sottolineare la “vicinanza alla famiglia per la vicenda culminata con la morte di Stefano” evidenzia il “dolore che oggi è ancora più intenso dopo la sentenza che definisce le responsabilità di alcuni carabinieri venuti meno al loro dovere, con ciò disattendendo i valori fondanti dell’Istituzione”.
Mentre si decidevano le sorti giudiziarie dei militari, dalla Corte d’Appello è arrivata la sentenza nel processo ter ai medici dell’ospedale Sandro Pertini che ebbero in cura il 31enne prima della morte: solo una è stata assolta, mentre per altri quattro, a cominciare dall’allora primario Aldo Fierro, è intervenuta la prescrizione.
Le difese di Di Bernardo, D’Alessandro e Mandolini annunciano ricorso
Bruno Naso, legale del maresciallo, commenta: “Come si concilia questa sentenza sul piano giuridico con il fatto che oggi stesso la Corte d’Appello ha dichiarato la prescrizione per quattro medici?”. Diversa la risposta degli avvocati Eugenio Pini e Francesco Petrelli, difensori di Tedesco, secondo i quali la sentenza segna “un percorso che è partito con aspettative di legalità ed è finito con la realizzazione di queste aspettative”. (LaPresse)