ROMA – Quella di oggi sarà una giornata decisiva nella lunga vicenda giudiziaria legata alla morte di Stefano Cucchi. Due sentenze in contemporanea segneranno punti fondamentali di un’inchiesta partita dieci anni fa.
Nell’aula bunker di Rebibbia, è attesa la sentenza della prima Corte d’Assise nel processo a cinque carabinieri. Per due dei quali la procura chiede la condanna a 18 anni di carcere per omicidio preterintenzionale.
Sempre a Roma, ma in corte di appello, arriverà l’ultima pronuncia sui medici dell’ospedale Sandro Pertini. Che ebbero in cura Stefano prima della morte, nei confronti dei quali i reati sono comunque prescritti.
Sono cinque i militari in attesa della sentenza. La procura di Roma chiede 18 anni di carcere per Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro. I due carabinieri accusati di omicidio preterintenzionale per il pestaggio ai danni di Stefano la notte del suo arresto.
Per Francesco Tedesco, il militare che nel corso del procedimento ha accusato i due colleghi, la procura chiede l’assoluzione per non aver commesso il fatto, sul reato di omicidio preterintenzionale. E la condanna a tre anni e sei mesi per il reato di falso nella compilazione del verbale di arresto. Di quest’ultimo reato, ma secondo il pm con responsabilità maggiori, risponde anche il maresciallo Roberto Mandolini, all’epoca dei fatti a capo della stazione Appia, dove venne eseguito l’arresto. Per Mandolini l’accusa chiede otto anni di carcere e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. La procura ha chiesto infine il non doversi procedere, per intervenuta prescrizione. Sul reato di calunnia nei confronti di Mandolini, Tedesco e Vincenzo Nicolardi, anche lui carabiniere, a giudizio per le bugie contro i tre agenti di polizia penitenziaria che vennero accusati nel corso del primo processo.
(LaPresse)