ROMA – Quella di oggi è una giornata importante in una vicenda giudiziaria, quella sulla morte di Stefano Cucchi, durata quasi 12 anni. Mentre è ancora in corso il processo sui presunti depistaggi nelle indagini, è attesa la sentenza di appello sui carabinieri accusati di aver pestato la vittima.
Stefano Cucchi venne arrestato 15 ottobre del 2009 in via Lemonia, a ridosso del parco degli Acquedotti, perché sorpreso con 28 grammi di hashish e qualche grammo di cocaina. La mattina successiva, nell’udienza del processo per direttissima, il 31enne aveva difficoltà a camminare e parlare e mostrava evidenti ematomi agli occhi e al volto che non erano presenti la sera prima. Venne rinchiuso nel carcere di Regina Coeli, ma le sue condizioni di salute peggiorarono rapidamente e, il 17, venne trasportato all’ospedale Fatebenefratelli per essere visitato.
Chiaro il referto: lesioni ed ecchimosi alle gambe e al viso, frattura della mascella, emorragia alla vescica, lesioni al torace e due fratture alla colonna vertebrale. I medici ne chiesero il ricovero che lui rifiutò insistentemente, tanto da essere rimandato in carcere per poi essere ricoverato di nuovo, presso l’ospedale Sandro Pertini, dove morì il 22 ottobre.
Dopo oltre un anno di indagini, nel gennaio 2011, vennero rinviate a giudizio 12 persone: sei medici dell’ospedale Pertini, tre infermieri dello stesso ospedale, e tre guardie carcerarie. Nel giugno del 2013 la terza Corte d’assise condannò cinque medici e assolse gli altri imputati. Nel 2014, nel processo d’appello, gli imputati vennero tutti assolti, e nel dicembre del 2015 la Cassazione decise per un nuovo processo d’appello ai cinque medici, che si concluse con una nuova assoluzione per il personale sanitario. Il successivo ennesimo ricorso in Cassazione annullò l’assoluzione ai medici e rinviò a un terzo processo d’appello finito con un’assoluzione e altri reati prescritti.
Negli ultimi anni le indagini sulla morte del giovane sono arrivate a mettere punti fermi sul violento pestaggio di cui sono accusati i due carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, già condannati in primo grado a 12 anni per omicidio preterintenzionale.
Intanto è in corso il processo nato dall’inchiesta sui presunti depistaggi che vede imputati altri otto ufficiali dei carabinieri.
Sono stati condannati in appello a 13 anni di carcere Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, i due carabinieri, accusati omicidio preterintenzionale, che pestarono Stefano Cucchi dopo il suo arresto.
Il pg Roberto Cavallone chiedeva per loro 13 anni di carcere. Nell’ambito dello stesso procedimento è stato condannato a quattro anni il maresciallo Roberto Mandolini, accusato di falso poiché avrebbe coperto quanto accaduto, 2 anni e mezzo (per falso) a Francesco Tedesco, che già imputato, denunciò i suoi colleghi divenendo un teste chiave. La decisione della Corte D’Assise d’Appello è arrivata dopo 5 ore di camera di consiglio.
(LaPresse)