ROMA (LaPresse) – Cyberspionaggio: cinque e quattro anni di reclusione. Queste le pene inflitte rispettivamente a Giulio e Francesca Maria Occhionero, i due fratelli finiti a processo per cyber spionaggio. Con l’accusa di aver infettato migliaia di pc entrando in possesso, di centinaia di password di account, all’insaputa dei proprietari molti dei quali era appartenenti a ministeri e istituzioni. L’ingegnere nucleare e la sorella, finirono in manette il 9 gennaio del 2017. Infatti l’inchiesta sui presunti episodi di hackeraggio, non ha mai completamente chiarito, con quali fini i due carpissero dati. Venne ipotizzato che volessero fornire informazioni su appalti, o investire in borsa, o forse accumulare una serie di dati sensibili legati alla sfera personale di personalità che un giorno avrebbero utilizzato in altro modo.
Condannati i fratelli Occhionero per cyberspionaggio
Gli investigatori quindi hanno accertato che i due gestivano una rete di computer (botnet), infettati con un malware chiamato ‘Eyepyramid’. L’inchiesta è partita dalla segnalazione al Cnaipic dell’invio di una mail, arrivata all’Enav. Conteneva il virus in questione, il cui codice di acquisto rimandava a Giulio Occhionero. Seguendo quella traccia lasciata da ‘Eyepyramid’, gli investigatori sono risaliti alla rete botnet. Che sfruttando il malware, riusciva ad acquisire da remoto il controllo dei computer e dei sistemi informatici delle vittime.
Durante le indagini, infatti sono state effettuate una serie di verifiche bancarie e patrimoniali, in Italia e all’estero. I due fratelli, che pur essendo sulla carta nullatenenti avevano una vita agiata. Nel tentativo di ricostruire la galassia di almeno quattro società con sede a Regent Street, Londra. Formalmente quindi tutte inattive e che facevano riferimento a Giulio Occhionero. Nel processo erano parte civile la Presidenza del Consiglio dei ministri, e i ministeri di Esteri, Interni ed Economia.