A volte si tratta di semplici errori dovuti alla fretta. Altre, soprattutto con riferimento a parole e nomi di personaggi stranieri (come Juncker, spesso storpiato in “Yunker”, VolksWagen, in infinite combinazioni e Donald Trump che diventa “Tramp”), in moltissimi non sanno come scriverli. Un problema al quale Google, il motore di ricerca più utilizzato, cerca di rimediare suggerendo la versione corretta di nomi o parole.
Cionondimeno, un fenomeno così frequente non può non influenzare l’esito dei risultati di ricerca. Succede così che alcune parole chiave errate siano così diffuse da alimentare un vero e proprio mercato parallelo di keywords. Ce n’è abbastanza per dubitare del fatto che l’era dell'”informazione” sia degna di questo nome.
In Italia moltissime persone non sanno come si scrive il nome del presidente americano che, per questo, viene cercato sul web come “Donald Tramp”. Anche il nome del servizio email di Google viene spesso storpiato in Gmal.
Come accade ormai in ogni ambito, però, l’automazione dei processi di correzione automatica da parte di software sempre più sofisticati rischia di lasciare la polvere sotto il tappeto. Senza contare che in Internet ormai si trova di tutto.
E non è infrequente il caso in cui a commettere l’errore non sia l’utente del motore di ricerca ma fonti autorevoli come quotidiani e siti istituzionali. Recentemente ha suscitato molto scalpore l’erronea indicazione, su una pagina istituzionale del governo, di Mendel al posto di Mendeleev, con riferimento alla tavola periodica degli elementi.