Dall’intercettazione proibita tra Napolitano e Mancino ai segreti di Zagaria. Caltanissetta e Casapesenna unite dalle ‘pen-drive’

Le indagini sul caso Montante e sulla cattura del boss dei Casalesi. Le distanze tra Caltanissetta e Casapesenna si annullano. Non per la sostanza dei fatti (sono radicalmente differenti), ma per le modalità e i personaggi

Foto LaPresse - Mourad Balti Touati 07/11/2017 Rho Milano (Ita) - Fiera Cronaca Inaugurazione dell'edizione 2017 di Eicma, esposizione internazionale di ciclo e motociclo Nella foto: Antonello Montante

Il mondo su una pen-drive? Non tutto, certo, ma una piccola parte che riesce a condizionare il resto sì. E le distanze tra la Sicilia e Campania magicamente spariscono. Le distanze tra Caltanissetta e Casapesenna si annullano. Non per la sostanza dei fatti (sono radicalmente differenti), ma per le modalità e i personaggi: quasi gli stessi. Perché a muovere le fila, secondo gli inquirenti, in entrambi i casi, su entrambi i territori, c’è una regia criminale organizzata, quella che non spara, ma fa affari, corrompe e influenza.

La pen-drive che spunta in Sicilia, sarebbe passata dalle mani del colonnello Giuseppe D’Agata (a processo con rito ordinario), già comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri e successivamente capo centro alla Dia di Palermo, a quelle dell’imprenditore Antonello Montante.  A raccontarlo alla Dda nel 2015 è Marco Venturi (ex amico di Montante): “Ricordo, infatti, di aver presenziato ad una cena, sicuramente prima del matrimonio della figlia di Montante, Alessandra e dunque credo attorno all’aprile-maggio del 2014. rni presero parte anche la Vancheri, Montante, un ingegnere dell’Anas, tale Tonti e, appunto, il D’Agata, durante la quale ebbi modo di notare quest’ultimo consegnare, in maniera jì1rtiva e cercando di nasconderla alla vista, una pen-drive al Montante. I due poi parlarono per qualche istante all’orecchio. Proprio le modalità di consegna della pen-drive –ha continuato Venturi -, certamente palesi, colpirono la mia attenzione. La cena si tenne a Palermo presso il ristorante dell’hotel Porta Felice ove il Montante è solito soggiornare quando si trova in tale città. Non so se gli altri commensali ebbero modo di accorgersi della circostanza, ma il tavolo dove ci eravamo accomodati era comunque piccolo”.

Le dichiarazioni sono contenute nell’indagine che è costata proprio a Montante una condanna a 14 anni di carcere in primo grado, con rito abbreviato, per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e rivelazione di notizie riservate. E sempre in quell’inchiesta spuntano hard disk, documenti e registrazioni confluite in una presunta attività di dossieraggio condotta dall’imputato.

Negli archivi di Montante, come ha ricostruito recentemente la trasmissione Report, è possibile che sia finita anche una copia delle intercettazioni tra l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e Nicola Mancino, già ministro degli Interni, menzionata nel processo sulla trattativa Stato-Mafia. La Corte costituzione aveva ordinato di distruggere quei nastri, ma sempre durante l’attività investigativa a carico di Montante è saltata fuori l’ipotesi di una duplicazione di quegli audio. E il tutto potrebbe essere stato copiato proprio su una pen-drive destinata all’imprenditore di Caltanissetta.

E parlando sempre di pen-drive dalla Sicilia arriviamo in Campania. Il dispositivo informatico in questione sarebbe sparito dal covo di via Mascagni dove si nascondeva Michele Zagaria, padrino dei Casalesi, latitante per 16 anni e catturato nel 2011. La chiavetta, secondo gli inquirenti, sarebbe stata prelevata da un agente della Mobile di Napoli, Oscar Vesevo (la sua posizione è al vaglio del gup del tribunale di Napoli) e consegnata in cambio di cinquantamila euro ad un imprenditore.

Cosa contenesse la pen-drive, la Dda ha sempre detto candidamente di non saperlo. La sola certezza, sostengono i magistrati dell’Antimafia, è che c’era ed è sparita dal bunker.

Alcuni collaboratori di giustizia affermano che Zagaria sui dispositivi informatici racchiudeva informazioni importanti che riguardavano i suoi rapporti con i colletti bianchi.

Sicilia e Campania, Caltanisetta e Casapesenna. A mettere in connessione alcune sezioni di quei territorio, stando agli atti della Dda, la stessa mentalità criminale. Un’organizzazione strutturata per commettere crimini, che raccoglie segreti, li custodisce e, se serve, pronta a venderli coinvolgendo anche uomini dello Stato.

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