ROMA – La battaglia dentro la maggioranza sul ddl Zan va avanti senza esclusione di colpi. A finire sotto il fuoco incrociato di Pd e M5S è la proposta di mediazione arrivata da Italia viva. Gli emendamenti presentati dai renziani “suonano come un tentativo di affossare la legge”, attaccano i pentastellati. “E’ solo un favore alle destre sulla pelle delle persone”, punta il dito il capogruppo alla Camera Davide Crippa. I Dem sin da subito si sono detti scettici: “Sono irricevibili, cambiano la legge ed escludono delle persone che meritano di essere tutelate. Andiamo in Aula – ribadisce il senatore Pd Franco Mirabelli – lì ognuno si prenderà le proprie responsabilità. I numeri sulla carta ci sono, chi ha votato la legge alla Camera la voti anche al Senato”.
Ai nastri di partenza, in realtà, il pallottoliere sembrerebbe dare ragione a chi sostiene la legge. Si partirebbe dai 75 voti del M5S, i 38 Pd, i 17 di Iv e gli 8 delle Autonomie, ai quali andrebbe poi sommata una parte consistente del gruppo Misto, composto oggi da 46 senatori, e forse qualche voce fuori dal coro di FI (come successo a Montecitorio). Sul provvedimento, però, peseranno – così prevede il regolamento di palazzo Madama – circa 30 voti a scrutinio segreto ed è per questo che, con numeri traballanti, il traguardo è a rischio.
Lo dice chiaro Davide Faraone: “Il ddl Zan così com’è difficilmente diventerà legge dello Stato”, pronostica il capogruppo di Iv al Senato. “Se modificato come indicato da Scalfarotto e dallo stesso Zan nel testo presentato alla Camera il 4 luglio 2018, sì”, ribadisce invitando a mettere da parte “le rivoluzioni ‘muscoli e like'”. La pensa così anche Matteo Renzi. “Noi non abbiamo problemi ad approvare lo Zan – dice ai suoi – abbiamo concorso a modificarlo e lo abbiamo votato alla Camera. Il punto però è: perché dire no alla legge Scalfarotto, che potrebbe avere il sì dei più, per partito preso, per piantare una bandierina e fare un dispetto a me?”. Con i voti segreti, i franchi tiratori dentro il Pd “che si stanno preparando per cucinare Letta” e il M5S “che non tiene per definizione” – è il ragionamento dell’ex premier – la partita è tosta, “si balla su 10 voti” e “se si va sotto la responsabilità è di Letta e a pagare sarà chi aspetta la legge”. Non la pensa così, evidentemente, il Pd. “Emendare la legge ora significa affossarla. E dire che poi Draghi dovrebbe mettere la fiducia, è un insulto all’intelligenza politica. Cari amici di Italia Viva – si spende Matteo Ricci, coordinatore dei sindaci dem – ritirate gli emendamenti, non fate un favore alle destre e approvate una legge di civiltà, come è stato con le unioni civili”.
Con Iv si schiera FI. “Basta con la falsa narrazione secondo la quale chi vuole modifiche al ddl Zan, per giungere a una norma realmente condivisa e non solo di una parte, vorrebbe affossare l’approvazione di una legge contro l’omofobia – tuona Licia Ronzulli – non sarà certamente la ricerca del dialogo, bensì un ottuso oltranzismo, a rischiare di far concludere questa legislatura senza alcuna legge”. La proposta di mediazione avanzata da Iv, tuttavia, potrebbe non bastare. A dirlo è Andrea Ostellari, presidente della commissione Giustizia e relatore del provvedimento, a lungo accusato da Pd e Iv di ostruzionismo: “Quello che chiede la Lega è un po’ diverso”, ammette il senatore del Carroccio. A lui toccherà, entro martedì, provare a trovare una ipotesi di lavoro condivisa. Poi, a prescindere dal risultato che il tavolo di maggioranza riuscirà a portare a casa, l’aula del Senato voterà per calendarizzare il testo il prossimo 13 luglio. “E’ un voto palese, quindi Pd, M5S, Iv e Leu reggeranno – pronostica radio palazzo Madama – poi sarà battaglia”. E i bookmaker parlano già di ‘bella morte’.
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