Roma, 12 apr. (LaPresse) – “Ai continui avvertimenti inviati nei giorni scorsi dai maggiori gestori di fondi internazionali sul rischio svendita dei nostri titoli di Stato, per effetto del rischio che si possa formare un governo Lega – Movimento 5 Stelle, oggi si è aggiunto anche il report redatto dalla direzione Ricerche e Studi di Intesa Sanpaolo, che ha lanciato l’allarme su possibili pressioni da parte delle agenzie di rating e dei mercati finanziari, già prima del 2019, nel caso l’Italia abbandonasse il “sentiero stretto” del rigore”.
Lo afferma in una nota Renato Brunetta, deputati di Forza Italia.
“Nel suo Focus sull’Italia, il centro studi di Banca Intesa, oltre a sottolineare la necessità di presentare subito in Parlamento il quadro tendenziale del Documento di Economia e Finanze, in attesa che il programmatico venga scritto dal futuro Esecutivo, suggerisce che le previsioni macroeconomiche e l’evoluzione del quadro di finanza pubblica del DEF dovrebbero risultare poco variate rispetto alle previsioni contenute nella Nota di Aggiornamento al DEF dello scorso Settembre, in maniera da proseguire sulla strada del risanamento dei conti pubblici. L’obiettivo finale deve essere quello del pareggio di bilancio strutturale, che dovrebbe essere raggiunto nel 2020, condizione necessaria per poter iniziare a ridurre sostanzialmente il nostro debito pubblico”.
“Il risultato – aggiunge Brunetta – è ormai a portata di mano se però, ricorda lo studio, si evita di aggirare i vincoli di finanza pubblica, come vorrebbero fare gli economisti della Lega e del Movimento 5 Stelle. Una tale eventualità esporrebbe il nostro paese a uno scontro aperto con la Commissione Europea e un maggior deficit allontanerebbe i nostri conti pubblici dalle regole UE in maniera significativa, condannandoci alle sanzioni europee che potrebbero scattare già l’anno prossimo. Lo studio afferma anche che non è solo delle conseguenze europee che il nuovo governo si dovrebbe preoccupare, quanto della pressione derivante dalle agenzie di rating e dagli investitori, che vedrebbero malissimo l’abbandono della disciplina fiscale, considerando che nel 2019 il Tesoro dovrà collocare sul mercato 45 miliardi di offerta netta, in un contesto in cui il contributo di famiglie e banche, per motivi diversi, non potrà che essere nullo o negativo”.
“In pratica, il debito pubblico dovrà essere acquistato dagli investitori esteri per un importo stimato tra i 50 e i 60 miliardi di euro nel 2018 e più di 60 miliardi nel 2019. Per questi motivi, è bene non scherzare con il fuoco e mantenere la reputazione di un paese che tiene alla riduzione del suo debito. Altrimenti, l’emissione dei titoli di Stato avverrà a rendimenti molto più alti di quelli attuali, dal momento che gli investitori li valuterebbero più rischiosi, con conseguenze molto negative sulla spesa per interessi e, quindi, sul deficit”.