MILANO – Colpo di scena nel processo per il delitto di Lidia Macchi: i giudici della prima Corte d’Assise d’appello di Milano hanno stabilito che non fu Stefano Binda a uccidere 32 anni fa Lidia Macchi. Una sentenza choc se si considera che Binda era stato condannato in primo grado all’ergastolo. Ora invece è stato assolto ed è tornato libero dopo tre anni e mezzo di custodia cautelare nel carcere milanese di San Vittore.
“Non so nulla di quella sera, sono innocente”
Si è sempre dichiarato estraneo ai fatti, il 51enne, quando ha parlato ai giudici. “Io non so nulla di quella sera: ero a Pragelato, solo quando sono tornato ho saputo della scomparsa. Non ho ucciso Lidia”. La Macchi fu uccisa a ventun’anni nel gennaio 1987, in un bosco a Cittiglio, nel Varesotto. Sul suo corpo i segni di ventinove coltellate. Il caso scosse l’Italia. Dopo i primi riflettori, sulla vicenda calò il buio giudiziario.
Le indagini
Le indagini furono riaperte ventinove anni dopo. Ventinove anni durante i quali Lidia Macchi non ha avuto un assassino. La svolta con una perizia calligrafica su una lettera inviata alla famiglia della vittima. Poi l’ordinanza di custodia cautelare ai danni di Binda e l’accusa, pesantissima, di omicidio volontario aggravato dalla violenza sessuale, dalla crudeltà, dalla minorata difesa della vittima. Fino alla scarcerazione con assoluzione dell’unico imputato. La vicenda però non si chiude: “Andremo avanti – ha dichiarato la sorella della vittima – Lidia non ce la restituirà nessuno, nemmeno questi trent’anni senza di lei”. Ii legali della Macchi hanno fatto già sapere che è in fase di preparazione il ricorso contro l’assoluzione.