Alessandro Impagnatiello era in grado di intendere e di volere quando uccise la compagna Giulia, incinta al settimo mese, con 37 coltellate la sera del 27 maggio 2023 nella loro casa di via Novella a Senago. È la conclusione a cui sono giunti lo psichiatra forense Pietro Ciliberti e il dottor Gabriele Rocca nella perizia psichiatrica disposta dalla Corte d’Assise di Milano e depositata nel processo che vede il 31enne imputato di omicidio volontario pluriaggravato, occultamento di cadavere e procurato aborto. Lo confermano fonti legali. I contenuti della perizia verranno discussi in aula all’udienza di lunedì prossimo.
Nelle 64 pagine della perizia si legge che Alessandro Impagnatiello ha mostrato “tratti di personalità narcisistici” e “psicopatici” ma che non “configurano una entità psicopatologica“. Escluso quindi un “vizio di mente” o un “eventuale disturbo psichiatrico grave o significativo al momento dei reati”. Secondo i periti quei tratti dell’ex barman sarebbero il suo “modo” di “essere nel mondo”. Tratti “narcisistici” che si “manifestano con la non tolleranza di fronte all’abbandono“, come la sera dell’omicidio quando la compagna incinta al settimo mese aveva deciso di lasciarlo dopo aver conosciuto di persona la sua amante, una collega italo-britannica 23enne. “Non poteva accettare lo ‘smascheramento’” con le “conseguenze umilianti” si legge nella perizia disposta dalla presidente della Corte d’assise, Antonella Bertoja. Mentre i tratti “psicopatici” di Impagnatiello invece si mostrerebbero nel “prevaricare l’altro e il manipolare gli eventi” pur senza che vi siano mai state “alterazioni psicopatologiche” tali da compromettere “in tutto o in gran parte lo psichismo di Impagnatiello”.
Vivevo in modo “mascherato, mi viene da dire, veramente mascherato”. Sono le parole usate dal 31enne durante i tre colloqui clinici in carcere tenuti fra luglio e settembre 2024 con gli specialisti incaricati dalla Corte d’assise di Milano di eseguire la perizia psichiatrica sull’ex barman dell’Armani Cafè. Impagnatiello ha fatto ampio riferimento alla sua doppia relazione: quella intrattenuta con la compagna uccisa il 27 maggio 2023 nella casa di via Novella a Senago con 37 coltellate al settimo mese di gravidanza e quella con la collega di lavoro italo-britannica conosciuta nell’estate del 2022. “Io vivo dal vanto al vanto”, ha spiegato con parole sue allo psichiatra forense Pietro Ciliberti e al medico legale Gabriele Rocca. “Dal vanto che Giulia era la mia compagna, quella legatissima alla mia famiglia, quella con cui si facevano dei progetti futuri” e “si parlava di case, si parlava di vacanze, quella per cui io rientravo a casa e c’era la mia vita” fino al “vanto” dall’altra “parte” di “avere questo rapporto” con una ragazza a suo dire “cercata da tutti, la ragazza ambita da tutti” sul luogo di lavoro. Un rapporto solo “nella sfera lavorativa, nella sfera professionale” che “si chiudeva quando io mi allontanavo dal lavoro”, ha aggiunto. “Quando rientravo a casa” lei “scompariva”. Nel corso di altri colloqui in carcere a San Vittore, precedenti alla perizia, il 31enne ha anche espresso il “desiderio di studiare psicologia” perché “credo che l’aspetto psicologico mi abbia toccato”.
“Penso che sabato scorso ero in Montenapoleone a bere un caffè e ora sono qui con un ergastolo“, aveva detto Impagnatiello l’1 giugno 2023 nel carcere di San Vittore, a poche ore dal fermo di indiziato di delitto. Lo annotano gli psicologi del penitenziario milanese nel primo giudizio sintetico per valutare il rischio suicidario in cella dell’ex barman. L’uomo non mostra in quell’occasione nessuna “emozione visibile” e racconta “quello che ha fatto” ma “non sa spiegarsi il perché”.
(La Presse)