Non solo Quirinale, le giornate passate a Roma per l’elezione del presidente della Repubblica sono state fruttuose sul fronte delle prime trattative per le candidature o ricandidature alle prossime Politiche. Non è un caso che, stando ai bene informati, il governatore Vincenzo De Luca abbia avuto modo di ‘chiacchierare’ con i diversi capibastone e assicurarsi che il figlio Piero ottenga un posto nelle liste dem per le elezioni del 2023, ammesso che il governo Draghi non cada prima. Ma a stare a cuore al numero uno di palazzo Santa Lucia ci sono anche le sorti di altri esponenti campani che, mancata in alcuni casi la rielezione in consiglio regionale, vorrebbero giocarsi la partita romana. Considerato che il segretario nazionale del Pd Enrico Letta non sembra intenzionato a mantenere gli equilibri senza inimicarsi nessuna corrente interna è chiaro che in Campania a fare la differenza saranno i segretari provinciali e i regionali che avranno un peso nelle indicazioni delle candidature. Per la segreteria campana non c’è da preoccuparsi considerato che Leo Annunziata da molto tempo ormai gioca in favore di De Luca ed è poco propenso a dare slancio al partito. Lo dimostrano le mancate convocazioni delle direzioni e i confronti costantemente rinviati a cui si aggiunge il mancato interesse ad intervenire nelle discussioni, che pure potrebbero essere utili, tra dem locali. Meglio far finta di niente. E’ stato così quando, per esempio, non molto tempo fa i consiglieri regionali Massimiliano Manfredi e Bruna Fiola hanno messo in discussione il segretario del Pd Napoli Marco Sarracino e l’intera gestione del partito all’ombra del Vesuvio, avvertendo che in caso di mancata svolta si sarebbero rivolti direttamente a Letta. Evidentemente preso da altro, il leader, per ora continua a non dire nulla e lo stesso continua a fare Annunziata. I vertici dem non battono un colpo, ognuno pensa al proprio orticello e alla propria corrente. A breve inizieranno le agorà piddine a cui parteciperanno anche esponenti di altri partiti tra cui Leu, si affronteranno temi disparati, ma non relativi al fatto che il Pd non riesce a crescere e non fa in tempo a recuperare un punto percentuale nei sondaggi nazionali che subito dopo lo perde. In Campania non va meglio, tant’è che vince le elezioni o con candidati considerati ‘ostili’ come lo è stato lo stesso De Luca nel 2020, o con candidati ‘tecnici’ come Gaetano Manfredi. E anche in questo caso senza le ampissime coalizioni i risultati per il singolo partito non sarebbero stati eccezionali. Per ora pare che ai piddini vada bene così, il tiro a campare è utile a ottenere candidature o ricandidature. Tutto il resto è contorno. Lo sa De Luca, le cui sorti personali non dipendono dal partito, ma quelle del figlio sì. Lo sanno i senatori e i deputati uscenti che poco si interessano alla vita di partito quando si tratta delle dinamiche locali e lo sanno coloro che ambiscono ad uno scranno romano e che per questo vivono silenti. I dem pensano all’autoconservazione, ai capibastone basta una stretta di mano per avere garanzie per sé e per i fedelissimi, in pochi tentano di dare una scossa ad un partito che è sempre più elitario e meno vicino ai cittadini. I consensi che ha bastano a garantire la ‘sopravvivenza’ dei soliti e forse a far sperare gli aspiranti parlamentari.
Dem, addio al rinnovamento: il governatore De Luca blinda il figlio Piero e i suoi
Incontri romani in occasione del voto per il Quirinale per le strategie