ROMA – L’amo alle Sardine con tanto di esca è stato lanciato. A muovere il filo, direttamente il leader del M5S, Luigi Di Maio: “Sarebbe bello lavorare insieme”.
L’esca alle Sardine
Prepara il terreno, anzi l’acqua, Luigi Di Maio, in una enorme vasca dove immergere le ‘sue’ Sardine, prima che si disfino come il movimento di Grillo e Casaleggio. A Roma ieri ‘nuotavano’ in piazza San Giovanni, erano quasi 100mila. In quella stessa location gremita da Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi solo lo scorso mese di ottobre.
“Avevo la tentazione di passare a San Giovanni – dice – le piazze sono una cosa bellissima. Giorni fa ho incrociato il loro portavoce in tv e gli ho detto che sono bravissimi. Trovo sbagliato che qualcuno, tra i partiti, provi a metterci il cappello. Bisogna lasciar respirare queste emozioni in modo libero, solo così continueranno ad essere forti e coinvolgenti”. E getta l’esca: “Per ipotesi – precisa – sarebbe bello lavorare insieme su ambiente, giustizia, diritti sociali, lavoro, casa e aiuto alle persone in difficoltà”.
Il caso della Banca di Bari
Su quanto concerne il caso della Banca Popolare di Bari si esprime: “Se una banca fallisce non è colpa dei risparmiatori. La solidità del sistema è fondamentale, ma se ci sono manager che hanno prestato soldi allo scoperto, devono pagare. Il tempo del silenzio è finito”. E sul Dl spiega al Corriere della Sera che bisogna in primis “avviare in Consiglio dei ministri il procedimento che metta agli atti i nomi di chi ha ricevuto soldi allo scoperto, facendo chiarezza sui legami politici locali e contestualmente mettere al riparo i risparmi. E bisogna far partire la commissione di inchiesta sulle banche. Se lo Stato deve mettere soldi per salvare i conti correnti, dobbiamo fare in modo che quella banca sia nazionalizzata. Il nostro progetto è la banca pubblica degli investimenti”. Per cui così facendo “daremo due risposte, una ai mercati, l’altra ai cittadini”.
Intrecci tra banche e partiti
E alla domanda sulla Commissione d’inchiesta sulle banche oramai in stand by da oltre un anno aggiunge: “Per un anno si è sempre detto ok, poi dalla Lega spuntava sempre un problema. Ora ci aspettiamo che il Pd sia disponibile ad accelerare. Il problema è che l’intreccio tra banche e partiti è fortissimo. C’è quasi sempre una banca dietro ogni partito. Tutti hanno qualcosa da nascondere. Il M5S non ha il 51% dei consensi, rispetta gli alleati e vuole che il governo vada avanti fino al 2023. Ma chiede coraggio”.
Sabatini la facilitatrice
“Rousseau è una piattaforma tecnica a supporto del M5S e della democrazia diretta. Non vedo il problema. Tra l’altro non esistono deleghe pesanti o meno. La Sabatini è una persona molto preparata e saprà fare bene”.
Lotta delle definizioni
Sulla diatriba tra la definizione di ‘nuovo contratto’ specificato dallo stesso Di Maio e ‘cronoprogramma’ definito sia da Conte che dagli alleati di governo dem, Di Maio dichiara: “Veramente sono stato il primo a parlare di crono-programma. Poi lo si può chiamare come vogliamo: contratto, agenda, elenco. L’importante è mettere nero su bianco le cose da fare e quando farle. Io, Nicola (Zingaretti ndr) e Giuseppe (Conte ndr) siamo d’accordo”.
Il M5S perde pezzi per strada
Dopo l’addio di Grassi, Lucidi e Urraro, i tre senatori che hanno abbandonato, altre pedine si muovono dal M5S verso la Lega e Di Maio cerca il colpevole. E lo trova in Matteo Salvini perché a suo dire “promettere una poltrona è già un modo di corrompere l’animo altrui ed eticamente è inaccettabile. Però è inutile parlarne troppo, la politica deve reagire. Serve una legge che limiti il cambio di casacca. Qualcuno non vuole il vincolo di mandato? D’accordo, troviamo un’altra forma, ma troviamola. Anzi, perché non inserire nel cronoprogramma una norma per mandare a casa i voltagabbana?”.