Era a cena, con i colleghi con i quali stava partecipando a un reality show per parrucchieri, quando un boato ha annunciato al mondo l’inizio dell’incubo della Costa Concordia. Gianmaria Michelino aveva 31 anni ed era sul ponte 4, quando il gigante del mare, alle 21,45, ha urtato lo scoglio delle Scole, a poche miglia dall’isola del Giglio. Dal naufragio è uscito incolume, ora ha 10 anni in più, è sposato ed ha un figlio e continua a fare il parrucchiere nel salone di famiglia, al Vomero. Ma quel boato non l’ha mai dimenticato.
Sono passati 10 anni dal disastro della Concordia, qual è la prima immagine che torna alla mente?
Ricordo una confusione incredibile. Tutti badavano a salvarsi. Sembrava di essere sul Titanic, i passeggeri provavano a lanciarsi sulle scialuppe, c’era paura. E poi alla mente torna il boato. L’urto è stato pazzesco. Subito dopo è saltata la luce e tutti hanno cominciato a correre.
Come ti sei trovato a bordo?
Io e i miei colleghi ci eravamo imbarcati proprio il 13 dicembre, a Civitavecchia, a mezzogiorno per partecipare a un reality per look maker, una vera e propria gara. Siamo stati accolti e siamo andati in una sala per prepararci.
Dove ti trovavi al momento dell’impatto con lo scoglio?
Ero sul ponte 4, a cena. Avevamo ordinato una bottiglia di vino rosso, ma improvvisamente è stato il cameriere a saltare sul tavolo. Ero lì con alcuni miei colleghi, con due di loro eravamo partiti insieme da Napoli e siamo ancora amici. Siamo rimasti fermi in un punto del ristorante e intorno a noi c’era gente che urlava e provava a raggiungere le scialuppe.
Vi siete resi subito conto della gravità della situazione?
Sì, perché l’urto è stato fortissimo, l’effetto che abbiamo percepito è ancora oggi difficile da spiegare. All’inizio avevo pensato a uno scontro con un peschereccio, non avrei mai pensato a uno scoglio a così poca distanza dall’isola del Giglio. Poi il boato, le urla e centinaia di scarpe lasciate sul posto da donne che si erano tolte i tacchi per scappare più velocemente.
Il personale di bordo riuscì a rassicurarvi in quei momenti difficili?
Erano quasi tutti stranieri, hanno fatto quello che potevano. Non sono mancati problemi di comunicazione, ma si sono impegnati al massimo ed erano loro a manovrare le scialuppe. Il loro contributo è stato fondamentale in quei momenti così complicati. Però, quando hai davvero paura, la mente corre velocissima. Ero terrorizzato dall’idea che la nave affondasse, di essere ritrovato cadavere e non essere neanche riconosciuto perché non avevo con me i documenti. E poi mi affacciavo sul ponte e vedevo il Giglio così vicino, quindi in caso di problemi a scendere sarei stato pronto anche a lanciarmi in mare.
Come sei venuto fuori dal naufragio?
Sono miracolosamente riuscito a salire su una scialuppa. La confusione era tale che era difficile anche far scendere le imbarcazioni di salvataggio. La gente ci si lanciava letteralmente sopra. Il personale provava a contare le persone a bordo, ma era praticamente impossibile. C’erano migliaia di turisti in preda alla disperazione. La scialuppa sulla quale sono sceso dalla Concordia a un certo punto si è bloccata a mezz’aria. Poi fortunatamente siamo arrivati sull’isola.
E una volta al Giglio?
Era la mezza. Ricordo un freddo pazzesco. Eravamo in abito da sera, non abbiamo potuto prendere nulla. E si gelava. L’intera isola si è messa a disposizione, i residenti aprirono tutte le attività in piena notte per cercare di dare sollievo. Poi ci sono stati diversi check-point per fare la conta dei sopravvissuti. Il giorno dopo ci hanno accompagnati su un traghetto a Civitavecchia e da lì sono tornato a Napoli.
Hai seguito la vicenda giudiziaria che ha fatto luce sull’incidente?
Mi sono affidato al mio avvocato per il risarcimento che ho ottenuto, ho voluto un po’ distaccarmi con il tempo per allontanare dalla mente quelle brutte immagini. Per fortuna sono tornato a casa illeso, pur perdendo tutto quello che avevo a bordo, ma sono stato fortunatissimo. Negli anni successivi ho avuto alcuni colloqui con uno psicologo: sentivo le voci delle persone che urlavano e la notte non riuscivo a dormire. Ora, però, sto bene.
Dalle sentenze è emerso come tante vittime siano state provocate dal tentativo di lasciare la parte della nave inclinata verso l’alto. Persone che poi sono precipitate sul ponte 4, dove ti trovavi al momento dell’incidente.
Sì, la gente cadeva nel tentativo di aiutarsi a raggiungere l’altra parte della nave, ma alcune porte erano inclinate e girevoli ed era facile finirci dentro. Un incubo. Ancora oggi è davvero difficile raccontarlo. Pochi minuti prima ci stavano divertendo, eravamo spensierati. Poi le urla disperate di persone che non trovavano più i figli, di donne in gravidanza terrorizzate, di turisti colti di sorpresa e scesi poi dalla nave in accappatoio o in pigiama. I feriti, tanti, riversi a terra o sotto choc. Le immagini del film Titanic noi le abbiamo vissute con i nostri occhi. Allora ci chiedevamo come fosse stato possibile provocare tutto questo finendo su uno scoglio. Ed è una domanda a cui ancora oggi è complicato dare una risposta.
In questo caso, forse, la verità è ancora più agghiacciante. L’incidente è nato dal tentativo di far fare alla nave il famoso ‘inchino’.
Esatto. Per una fesseria è avvenuta una tragedia immane.
Cosa diresti, oggi, al comandante Schettino?
Non me la sento, onestamente di giudicarlo. Per valutare bisogna trovarsi personalmente nelle situazioni. La giustizia lo ha condannato. E per il resto farà i conti con la sua coscienza.
Lo perdoneresti?
Tutti possono sbagliare. Dovrà trovare pace con se stesso per tutti i guai che ha provocato. Non l’ho mai conosciuto, non lo giudico, anche se è evidente come in alcune fasi sia stato decisamente poco professionale. Quei 32 morti se li porta sulla coscienza. E al suo posto, con un peso del genere, non riuscirei a vivere.
Dieci anni dopo la tua vita com’è cambiata?
Un anno dopo essere sceso dalla Concordia mi sono sposato, poi ho avuto un figlio. La mia vita è migliorata e andata avanti, continuo a fare il mio lavoro. Oggi ho 41 anni e mi sento fortunatissimo rispetto a coloro che quella notte non ce l’hanno fatta e a chi ha avuto mille problemi, fisici e non solo, da superare. Alcuni ricordi dell’incidente con il tempo sono sbiaditi, ma il caos, le urla e la paura non le dimenticherò mai.
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