ROMA – Il presidente del Movimento 5 Stelle “non intende fare passi indietro” sul ‘no’ all’aumento delle spese militari. Lo ribadisce anche oggi, dopo il botta e risposta con il presidente del Consiglio, Mario Draghi, che ieri ha fatto fibrillare la compagine di Governo e temere – come filtrato da Palazzo Chigi – che fosse “venuto meno il patto di maggioranza”.
“Il M5S non lavora a una crisi di Governo ma a proposte di buon senso nell’interesse dei cittadini”, assicura questa mattina il leader pentastellato, che però si lancia in una guerra di numeri con Palazzo Chigi: “Con Conte al Governo la spesa militare è aumentata di 1 miliardo di euro l’anno”, mentre incrementare la spesa militare fino al 2% del Pil entro il 2024 “significherebbe aumentare di almeno 6 miliardi l’anno gli stanziamenti per la difesa nelle prossime due leggi di bilancio, per saltare da 26 a 38 miliardi di spesa militare annua”, fa sapere una nota del M5S.
Insomma, a Conte non sembra essere andato giù il riferimento di Palazzo Chigi all’aumento della spesa per armamenti durante il suo mandato da premier. Anche perché “si evince chiaramente che l’incremento delle spese militari con i governi Conte è stato in media inferiore al miliardo l’anno. Un dato sensibilmente differente da quanto fatto registrare dall’attuale esecutivo, che in un anno ha disposto 1,6 miliardi di euro di aumento”.
I dati sono “quelli ufficiali del Ministero della Difesa che ogni anno definisce il cosiddetto ‘bilancio integrato Difesa in chiave Nato'”, sottolineano ancora i 5 stelle, che li spalmano anche sui social. Il post del profilo ufficiale del M5S viene rilanciato anche dallo stesso leader, che ribadisce: “Questa è la posizione che guarda all’interesse del Paese e ai bisogni dei cittadini. Non intendiamo fare passi indietro”. Questo significa ‘no’ all’aumento delle spese al 2% entro il 2024, ma non rinunciare a quell’obiettivo in tempi più lunghi: “L’impegno del 2% può essere centrato solo con una crescita di spesa progressiva, spalmata nei prossimi anni, ad esempio da qui a quantomeno il 2030”, sostengono i 5 stelle.
La linea di Conte è dunque quella di non “mettere in discussione” gli obiettivi richiesti dalla Nato ma di rispettarli in modo più soft. Una mediazione sembra possibile, tanto è vero che in serata dal quartier generale pentastellato filtra apprezzamento per la posizione del ministro della Difesa Lorenzo Guerini, che “sposta questo obiettivo al 2028, che è un buon passo verso quella sostenibilità e gradualità, da noi sempre richiesta. Un buon passo verso le nostre posizioni”. E una mediazione è sicuramente necessaria, almeno per il segretario del Pd Enrico Letta, secondo il quale “l’Italia lascerebbe sbigottito il mondo intero se si aprisse ora una crisi di Governo”.
Conte conferma la posizione in una riunione con i senatori M5S a Palazzo Madama e li invita a votare la fiducia al Dl Ucraina. Non la voterà il presidente M5S della commissione Esteri del Senato, Vito Petrocelli, “neppure se ci sarà la fiducia, e sarò in aula”, dice, consapevole che questo potrebbe comportare la sua espulsione: “Oggi rappresento una maggioranza e domani potrei non rappresentarla più”, ma “non mi dimetto da presidente della commissione”. Ma questo per Conte, a fronte del rischio di una crisi di Governo, potrebbe essere il male minore.