Discoteche chiuse, l’ora della resa: “Lo Stato ci ha voltato le spalle”

Lo stop forzato che si prolunga condanna le sale da ballo al fallimento. Gestori sul lastrico, costretti a indebitarsi per pagare gli affitti

NAPOLI – Per le discoteche una data per la riapertura finalmente c’è, ma per molte è ormai troppo tardi. Sono numerose le sale da ballo che, il prossimo 1° luglio, diserteranno l’appuntamento con la musica e il dancefloor. è il caso – tra i tanti – del “Macho Lato”, storica realtà della notte napoletana. Dopo 14 anni di attività, il lockdown ha costretto il locale a chiudere i battenti: “Per pagare tutti gli affitti arretrati avrei dovuto vendere un rene – commenta sconsolato Rino Sorrentino (nella foto), gestore e anima del club – Ho investito tantissimo in questa struttura, l’ho chiusa a malincuore, ma con un rosso da 80mila euro non ho potuto fare diversamente”.

A regime, con 450mq di ampiezza, il Macho Lato arrivava a ospitare anche 500 persone. Un giro di vite che per anni ha dato di che vivere a decine di addetti ai lavori tra barman, deejay, buttafuori e addetti alle pulizie. Di ristori, neanche a parlarne: “Il Macho Lato faceva capo a un’associazione gay – spiega Sorrentino – Forse siamo considerati il marcio della società: a noi non è spettato nulla”. A fronte di perdite a quattro zeri, Rino racconta di aver trovato aiuto nei suoi amici, ma una domanda lo assilla: “Quanto tempo ci vorrà perché questo comparto riuscirà a riprendersi?”. Giovanna Auletta, gestore del “Tropicana dance” di Quarto, invece, con i pochi spiccioli ricevuti come ristori, racconta di averci pagato giusto un paio di mesi di affitto: “Per tutte le altre spese abbiamo dovuto dare fondo ai risparmi e chiedere un finanziamento da 30mila euro”. Una cifra che corrisponde solo alla metà delle perdite registrate durante un anno e mezzo di chiusure forzate. Giovanna non ha dubbi: “Siamo la categoria più danneggiata”. Fabio Barbera (nella foto) aveva tagliato il nastro della sua “Type Disco”, a Pozzuoli, solo a ottobre 2019. Quattro mesi dopo ha dovuto tirare i remi in barca senza aver avuto nemmeno il tempo di rientrare nell’investimento: “Non avendo nemmeno un bilancio non abbiamo potuto accedere ad alcuna forma di ristoro – spiega Fabio – Insieme agli altri soci del club ci siamo fatti una promessa: se la riapertura non sarà stabile dovremo rinunciare a questo sogno”. La decisione, pur drastica, è dettata da un puro calcolo economico: con 50mila euro di affitto all’anno da pagare, spiega, non c’è altra scelta.

Quello che Fabio, e come lui tanti altri gestori, non riescono ad accettare è la discriminazione che subisce il mondo delle discoteche: “Sembra quasi che il virus circoli solo sulla pista da ballo e non altrove, ad esempio nel trasporto pubblico”. A tal proposito Rino Sorrentino, che oltre a gestire il Macho Lato è egli stesso un deejay, ci scherza su: “A volte c’è così tanta gente in metro che potrei farci un dj set”. “Siamo stati del tutto abbandonati – continua Fabio Barbera – E dire che attorno a una serata gira un’economia pazzesca, che fa guadagnare tanti dipendenti e aziende”. Nel giro circola il detto secondo cui “la notte non muore mai”: Rino racconta di volerci riprovare con un nuovo club, il “Cactus”, più piccolo, con meno gente. Quando gli chiediamo dove trovi il coraggio per farlo, Rino non ha dubbi: “La gente rivuole la da ballo, la sfera con gli specchi, la musica”.

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