Dispersione scolastica, allarme a Caserta: 394 alunni mai visti in classe

L'allarme della Prefettura: 752 ragazzi hanno perso oltre la metà delle ore di lezione, 581 segnalazioni in Procura.

Il prefetto di Caserta Giuseppe Castaldo e la preside Antonella Serpico, dirigente dell’istituto superiore “Giordani” e presidente dell’Associazione nazionale dirigenti scolastici (Andis)
Il prefetto di Caserta Giuseppe Castaldo e la preside Antonella Serpico, dirigente dell’istituto superiore “Giordani” e presidente dell’Associazione nazionale dirigenti scolastici (Andis)

La Prefettura lancia l’allarme per la dispersione scolastica. In base ai dati sulla frequenza, elaborati dall’Ufficio scolastico provinciale (che non ha fornito invece i numeri disaggregati per singolo Comune), su una popolazione di 79.325 studenti (tra scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado), “si registrano 394 casi di alunni che non hanno mai frequentato, 3.564 con tasso di assenza tra il 25 e il 50% e 742 con tasso di assenza superiore al 50%, cui si aggiungono 581 segnalazioni ai comuni e alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni”.

Un dato preoccupante e un problema da non sottovalutare, nota Antonella Serpico, dirigente dell’istituto superiore “Giordani” e presidente dell’Associazione nazionale dirigenti scolastici (Andis): la dispersione scolastica “come pochi altri fenomeni può aiutare a capire quanto sia equa una società: i giovani lasciano la scuola, o la frequentano in modo irregolare, anche per motivi socio-economici. Povertà della famiglia o del territorio di origine, differenze culturali o di genere, incertezza delle prospettive occupazionali, scarsa efficacia dell’istruzione ricevuta in passato sono solo alcuni esempi.

Inoltre la mancanza di un titolo di studio condannerà i giovani che hanno abbandonato la scuola ad avere meno opportunità, perpetuando le disuguaglianze che hanno generato il fenomeno. L’analisi più completa dei dati delle ultime prove Invalsi ci dice che le prestazioni degli studenti calano nel Mezzogiorno e tra gli allievi che provengono da contesti socio-economico-culturali più sfavorevoli”.

Sempre secondo queste rilevazioni, “la scuola italiana è meno equa nelle aree più disagiate del paese, dove i risultati sono molto diversi tra scuola e scuola, o tra classe e classe. Ciò significa che gli alunni più deboli economicamente e culturalmente tendono a raggrupparsi in alcune scuole, creando un una sorta di “ghetto educativo” da cui discendono dinamiche a cascata: l’apprendimento degli alunni sarà influenzato dal livello generale dei compagni più che dalle caratteristiche personali, mentre gli insegnanti saranno portati a ricalibrare programmi e metodi sulla base delle contingenze, penalizzando così gli studenti di livello potenzialmente più alto.

Il territorio di appartenenza conta, quindi, ma conta anche l’ambiente sociale, economico e culturale di provenienza. Lo status influisce anche sulla scelta della scuola superiore: a parità di risultati scolastici, coloro che vengono da contesti più agiati sono più propensi a orientarsi verso i licei rispetto a coloro che vengono da famiglie modeste. Una scuola più equa, capace di rispondere in modo adeguato alle esigenze di ciascuno, è il presupposto fondamentale per una società più equa, in cui ogni persona possa realizzarsi al meglio.

In altre parole, arrivare alla fine del percorso scolastico con la prospettiva di fare qualcosa che si ama, in cui si è davvero capaci e per cui si possa venire pagati in modo dignitoso”. Una grande opportunità, conclude la preside, viene offerta alle scuole dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che dà la possibilità di realizzare percorsi per ridurre la dispersione.

I genitori rischiano il carcere

Nei giorni scorsi è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale la legge di conversione del decreto Caivano, approvato in via definitiva dal Parlamento lo scorso 8 novembre, che contiene diverse norme contro la dispersione. Il sindaco dovrà avvalersi dell’Anagrafe nazionale dell’istruzione per identificare i minori che non rispettano l’obbligo di istruzione. I dirigenti scolastici hanno il dovere di monitorare l’assiduità scolastica, identificando studenti assenti per più di quindici giorni in tre mesi.

In caso di mancata frequenza, il dirigente deve avvisare il responsabile dell’adempimento dell’obbligo di istruzione e, in seguito, il sindaco, che procederà all’ammonizione. Sono regolate anche le sanzioni per il mancato adempimento dell’obbligo di istruzione, che possono arrivare fino a due anni di reclusione. Inoltre, l’elusione dell’obbligo di istruzione, definita come la mancata frequenza di un quarto delle ore annuali, è punita con la reclusione fino a un anno.

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