ROMA – Fumata nera sul dl Aiuti al termine di una giornata carica di tensioni. L’esame del provvedimento nell’Aula della Camera slitta a domattina, a poche ore dal faccia a faccia tra il premier Mario Draghi e il presidente del M5s Giuseppe Conte in programma a Palazzo Chigi alle 16.30. Ed è praticamente certo, si ragiona a Montecitorio, che alla fine il governo porrà la questione di fiducia. A tenere banco per tutto il giorno nelle riunioni di maggioranza, tra continui stop and go, è in particolare la norma relativa al Superbonus, tema caro al M5s, con un tentativo di mediazione per arrivare ad eliminare la responsabilità in solido, sollevando così le banche cessionarie da responsabilità per eventuali irregolarità correlate ai crediti ceduti.
In caso di modifica si sarebbe proceduto con un maxi-emendamento su cui sarebbe poi stata posta la questione di fiducia da parte dell’esecutivo. Il tentativo però non va a buon fine, spiegano fonti governative, a causa del mancato via libera da parte di palazzo Chigi e Mef per la mancanza di coperture (circa 3 miliardi di euro). Uno stop perciò riconducibile non tanto a motivi politici quanto a ragioni tecniche. A riassumere la giornata alla fine è il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, in prima linea nella mediazione.
“In stretto collegamento con la Presidenza del Consiglio, ho sondato tutte le forze della maggioranza per capire se fosse possibile trovare un accordo per evitare di porre la questione di fiducia sul decreto Aiuti – spiega il ministro Cinquestelle -. Questo si è reso necessario per venire incontro a richieste parlamentari di miglioramento del testo, in particolare nella parte relativa al superbonus. La complessità politica della vicenda ha imposto il massimo approfondimento e il coinvolgimento dei gruppi parlamentari, determinando un ritardo nell’andamento dei lavori. Con la Presidenza del Consiglio valuteremo nelle prossime ore come procedere”.
Il programma prevede per domattina, prima che si riapra la seduta dell’Aula alle 9.30, una riunione del ‘Comitato dei nove’, ma in assenza di novità nel corso della nottata, la fiducia è data per scontata. Da capire, a quel punto, come si comporteranno i deputati del M5s al momento del voto di un provvedimento che contiene sì aiuti a famiglie e imprese ma anche la norma relativa all’inceneritore di Roma e la stretta sul reddito di cittadinanza.
Quello che è certo è che la Lega a fine giornata ne approfitta per mettere nel mirino gli alleati-avversari di governo. “Siamo increduli per lo spettacolo offerto dal campo largo che si sta stringendo a vista d’occhio. Siamo fermi da tutto il giorno per i litigi interni al centrosinistra che rischiano di bloccare 15 miliardi di aiuti per famiglie e imprese italiane”, evidenziano fonti del Carroccio “a proposito delle tensioni tra M5s, Pd e governo sul Dl aiuti”.
L’accusa, tuttavia, viene rispedita al mittente dalla capogruppo dem Debora Serracchiani (“nessun attrito, nessunissima tensione tra Pd e M5S, citofonare centrodestra”) mentre dal Nazareno si ribadisce che “il Pd è impegnato per un’approvazione rapida del decreto Aiuti perché contiene misure importantissime per aiutare le famiglie e le imprese. Con serietà e responsabilità sta operando per superare complicazioni e ostacoli mentre altri, come la Lega, per nascondere le proprie difficoltà inventa divisioni che non esistono”.
Il provvedimenti, infatti, ha i giorni contati. E stando alle minacce che arrivano da Campo Marzio anche l’esecutivo. Votare no alla fiducia e uscire dal governo. Questo il “mood della maggioranza dei parlamentari” M5S, come viene riferito a LaPresse da fonti pentastellate a Montecitorio. Non un buon viatico per affrontare il faccia a faccia tra premier e predecessore atteso da quasi una settimana.(LaPresse)