Roma, 8 lug. (AWE/LaPresse) – “Anche il nuovo ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio si è accodato alla lunga lista di ministri che, una volta raggiunta la poltrona, rispolverano lo slogan del “costo del lavoro da ridurre a tutti i costi”. Il ministro Di Maio, evidentemente poco informato di quella che è la vera realtà del mercato del lavoro italiano, ha così deciso di rispolverare l’evergreen del costo del lavoro nel nuovo decreto Dignità”. Così, in una nota, Renato Brunetta, deputato di Forza Italia. “Al ministro Di Maio, vogliamo quindi far presente, per aiutarlo a capire meglio la situazione, che il costo del lavoro italiano è già più basso rispetto a quello di altri paesi europei, tra i quali Germania, Belgio, Austria e Danimarca, come è facilmente constatabile guardando gli ultimi dati sulla tassazione del lavoro appena pubblicati dall’OCSE (Taxing Wages 2018). Non è quindi il costo del lavoro il problema più urgente che il nuovo governo dovrebbe affrontare. Semmai, il problema è quello di aumentare le remunerazioni nette dei lavoratori italiani, che sono inferiori a quelle degli altri paesi più avanzati. A meno che, egli non intenda distruggere l’Italia relegandola nella fascia di competizione con Paesi quali la Romania, Bulgaria, Slovacchia, eccetera. Una eventualità davvero poco gratificante” spiega.
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“Evidenziamo poi, che un altro principale problema che l’Italia deve superare è quello di colmare il gap in termini di produttività del fattore lavoro con gli altri paesi europei. Le regole base dell’economia insegnano, infatti, come la retribuzione sia commisurata al livello di produttività di un fattore produttivo. Quanto più un lavoratore produce, tanto più viene remunerato. Da questo punto di vista, basta osservare sempre le statistiche comparate dell’OCSE, per vedere come, nel settore manifatturiero, il valore aggiunto lordo per ogni singola ora lavorata era pari, nel 2017, a 0,5 per l’Italia, contro il 4,2% dell’Austria, il 2,2 della Germania, il 6,5 della Repubblica Ceca e il 2,1 della media UE a 28 paesi. su questa variabile, l’Italia si pone quindi in fondo alla classifica europea dei paesi a più alta produttività”, aggiunge. “Se c’è quindi un gap che proprio non esiste, dove anzi siamo competitivi, è quello relativo al costo del lavoro. L’apprendista stregone Luigi Di Maio dovrebbe quindi studiare un po’ di più le statistiche economiche prima di proporre soluzioni che mostrano soltanto il suo essere un dilettante allo sbaraglio”.