Draghi esclude il bis: “Convergenze con Conte ma non il governo con un ultimatum”

Le parole del primo ministro

Foto Roberto Monaldo / LaPresse Nella foto Mario Draghi

ROMA – Lo schema della potenziale crisi, di un eventuale passaggio alle Camere se il M5S non dovesse votare la fiducia giovedì sul decreto aiuti, Mario Draghi lo fa “per punti”, per essere chiaro fino in fondo. “Primo: chiedetelo a Mattarella. Secondo: ho già detto che per me non c’è un governo senza i 5 Stelle. Terzo: ho già detto che per me non c’è un governo Draghi altro che l’attuale, questa è la situazione”. Il premier, racconta chi ci ha parlato, è “immobile”. E se è vero che ribadisce i “molti punti di convergenza” trovati nella lettera che gli ha consegnato Giuseppe Conte mercoledì scorso e riconosce che i temi discussi in mattinata con i sindacati “vanno esattamente in quella direzione”, è anche vero che non manca di sottolineare come la “determinazione e la convinzione” del Governo sulla necessità di intervenire sul salario minimo, come sul cuneo fiscale e “in modo strutturale e urgente” contro l’inflazione derivi da lontano, da un lavoro “in corso da mesi”.

La rotta, insomma, resta quella di sempre. Per ora, dice chiaro Draghi, “questa situazione di fibrillazione il governo l’ha affrontata abbastanza bene, continua a lavorare”. E va avanti. Qualora, invece – è il messaggio in bottiglia mandato ai partiti che lo sostengono da tutte le latitudini – “si verificasse una situazione per cui il governo non riuscisse a lavorare, lo dico anche per i tanti altri che dicono che a settembre faranno sfracelli e minacciano cose terribili: un governo con ultimatum non lavora. A quel punto il governo perde il suo senso di esistere”, scandisce quasi lanciando lui un ultimatum. Domandano i cronisti: il riferimento è a Matteo Salvini? “Metteteci i nomi che volete – risponde l’inquilino di palazzo Chigi -. Il punto è questo: se si ha la sensazione che è proprio una sofferenza straordinaria stare in questo governo, che si fa fatica, che non si ha nessun piacere, che non deriva nessuna soddisfazione da quello che il governo fa, bisogna essere chiari, no? Se il governo riesce a lavorare, continua. Se non riesce a lavorare, non continua”, insiste.

La replica del leader del Carroccio non si fa attendere. “Noi non minacciamo. Siamo gente serena, perbene, leale. Noi non mandiamo le letterine di Babbo Natale come qualcun altro, perché aspetta che accada qualcosa”, ribatte quasi infastidito mentre, partecipando a un flashmob in Campidoglio, chiede il commissariamento di Roma e ripromette le barricate in Aula “se qualcuno vuole la legge sulla droga libera”.

Eppure, chi lavora gomito a gomito con il premier, è convinto che se il M5S uscisse dal Governo “un minuto dopo” potrebbe lasciare anche la Lega. Ecco perché Draghi “non intende rimanere con appoggi esterni e continui ultimatum”. Certo, giovedì un nuovo faccia a faccia con il presidente Mattarella potrebbe farlo tornare a più miti consigli, ma chi lo conosce bene non ci crede più di tanto: “In genere fa quello che vuole”.

Il Pd, intanto, continua un incessante lavoro di mediazione. Enrico Letta ne parla con Draghi in un faccia a faccia a palazzo Chigi, ma il segretario dem ai suoi interlocutori sembra meno fiducioso del giorno prima circa la possibilità di ricucire lo strappo. I dem plaudono alla “riapertura” del dialogo sociale. È una giornata importante. “Oggi si sono poste le basi per una reale svolta sul piano sociale, prefigurando soluzioni efficaci”, commentano al Nazareno. “Far precipitare tutto sarebbe incomprensibile”, commentano i senatori, ma ormai le possibilità di un ripensamento del M5S sono in caduta libera. “Forse il gruppo si spaccherà – l’ipotesi – una parte voterà la fiducia e l’altra no. Basterà?”.

(LaPresse)

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