MONDRAGONE – Piccoli piazzisti di droga crescono sul Litorale domizio. E se negli ultimi anni sono riusciti ad imbastire affari su affari è grazie ai loro contatti in Albania, la terra dove sono nati. Da lì, sostiene l’Antimafia, importano lo stupefacente in Italia facendolo arrivare con dei gommoni sulle coste pugliesi o direttamente nel Casertano, grazie a dei tir che si fanno largo nel Belpaese attraversando i suoi confini settentrionali
L’accordo con i calabresi
Intercettazioni e pedinamenti, svolti dai carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta, hanno permesso ai pm Vincenzo Ranieri e Luigi Landolfi di identificare i presunti trafficanti ‘made in Tirana’ (e dintorni) che hanno messo radici in Terra di Lavoro: si tratta di Shkelzen Mazari, conosciuto anche come Jimmy o Cimi, 51enne domiciliato nei palazzi Cirio, Fidai Neziri, 40enne di Castelvoturno, e Dashamir Dashi Lazri, 48enne di San Marcellino. I tre, secondo la Dda, nel luglio del 2017 strinsero un accordo con alcuni calabresi per piazzare un chilogrammo di eroina rossa.
L’ombra dei Morabito
L’inizio della trattativa per i militari dell’Arma è datato maggio 2017, quando accertano il primo contatto telefonico tra Mazari e Francesco Cristiano, 40enne di Bianco, paesino della Locride, sposato con Giuseppina Morabito, figlia di Giovanni, fratello di Giuseppe alias Peppe Tiradritto, capo indiscusso dell’omonima consorteria mafiosa. E di quella cosca, hanno accertato i militari, farebbero parte pure lo zio della moglie, Bruno Criaco e il cognato Salvatore Gligora.
Il mediatore
Da maggio in poi si susseguirono telefonate e incontri fino all’ipotizzata consegna del carico. A mettere in contatto il mondragonese di origini albanesi e Cristiano secondo la Dda di Napoli fu Adli Hasa, 51enne di Villa San Giovanni, il quale, hanno accertato i carabinieri, lavorava come autista presso la stessa ditta del calabrese, ovvero la Sabatino Salvatore & Figli con sede a Stilo (estranea all’inchiesta sul traffico di droga).
Gli investigatori riescono anche a documentare un incontro avvenuto il 21 luglio 2017 al Russo Center, bar-ristorante situato a Pastorano, a pochi passi dal casello autostradale di Capua, tra Mazari, accompagnato dalla sua ragazza, Melisa Sakolli, 30enne dei palazzi Cirio, e Hasa, che aveva raggiunto lo spiazzo del locale con il suo autoarticolato. E’ qui che secondo la Dda si tracciano i punti cardini dell’accordo. Preso il caffè, i tre si misero in macchina per raggiungere via Fuori Porta Roma a Capua per poi far ritorno al Russo Center.
Hasa venne inquadrato dalle telecamere di videosorveglianza mentre scendeva della macchina di Mazari per raggiungere l’autocarro che rimase parcheggiato a Pastorano tutta la notte.
Al mattino i carabinieri notarono uno spostamento insolito. L’autoarticolato si spostò sul lato destro mettendosi di fronte alla motrice di un altro mezzo pesante in sosta, modello Scania Cv 560, risultato intestato alla ditta Adilogistica Società Cooperativa con sede a Pagani (anche lei non coinvolta nell’inchiesta), rimanendo in tale posizioni per due minuti. L’autista dello Scania raggiunse il lato guida della cabina dove c’era Hasa. Terminata l’operazione, l’albanese spostò nuovamente l’autoarticolato: fece inversione e si fermò sulla destra del parcheggio. Compiute queste manovre, entrambi gli autisti entrarono all’interno del Russo Center.
I carabinieri sono riusciti ad identificare il conducente dello Scania: si tratta di Francesco Timpano, 42enne originario di Gioia Tauro e residente a Nicotera (estraneo all’inchiesta sullo spaccio ed innocente fino a prova contraria).
Secondo gli investigatori quell’incontro sarebbe stato importante perché propedeutico all’accordo con Mazari. Il 23 luglio, infatti, sempre l’albanese in macchia con Hasa fece espliciti riferimenti a quello che sarebbe stato il prezzo di acquisto dello stupefacente: 20mila euro al chilo anziché dei 27mila richiesti dal fornitore.
Fattore ‘Dashi’
L’ultima tappa organizzativa sarebbe avvenuta a fine luglio con un incontro all’autogrill di Teano alla presenza di Francesco Cristiano
Restava solo da concretizzare il tutto. Ma Cimi in quei giorni fu costretto a partire per l’Albania, lasciando di fatto nelle mani di Dashi, dicono gli investigatori, la gestione dell’affare. E la circostanza lo preoccupava. Temeva che ci sarebbero stati problemi. Ed infatti dalle successive intercettazioni i carabinieri hanno appreso che i calabresi si erano lamentati per la qualità della droga ottenuta: la paragonavano a “terra”. E, altra grana, non erano stati dati neppure i soldi che Hasa aveva richiesto per la sua ‘mediazione’.
Mazari si impegnò a rintracciare Dashamir per chiarire la vicenda. Temeva ritorsione dai parte dei calabresi. Così voleva trovarlo e portarlo al loro cospetto. Riuscì a beccarlo soltanto il 7 settembre grazie a tale Bardhi. Dashi si giustificò dicendo che aveva trasportato personalmente la droga in Calabria. E alla consegna gli acquirenti l’avevano pure assaggiato non protestando, ma lamentandosi della qualità soltanto successivamente. Ad ogni modo l’incontro chiarificatore, hanno ricostruito i carabinieri, avvenne sempre al Russo Center (la cui proprietà nulla c’entra con il presunto traffico di droga) il 21 settembre 2017.
Per l’ipotizzata compravendita di eroina, la Dda ha messo sotto indagine Mazari, Neziri, Hasa, Lazri e Cristiano. Aveva chiesto il loro arresto ma il gip nei mesi scorsi ha risposto picche. Contro quella decisione i magistrati Ranieri e Landolfi hanno presentato appello al Riesame.