ROMA – L’alleanza tra il Pd e Azione-Più Europa è ormai appesa a un filo. Quella che avrebbe dovuto essere la giornata risolutiva trascorre come le precedenti, con Carlo Calenda che sui social coglie ogni occasione utile per marcare le differenze, Enrico Letta che prova a mediare e le voci di un incontro tra i due che si rincorrono. Alla fine il faccia a faccia (sarà presente anche il segretario di Più Europa Benedetto Della Vedova) sarà domani mattina, alla Camera.
L’asse, però, per i più è ormai “quasi compromesso”. “Il terzo polo è sempre più vicino”, ammettono anche i parlamentari dem. Le frecciatine di Calenda iniziano di buon mattino. A Enrico Letta “abbiamo chiesto due cose”, di non candidare chi non ha votato la fiducia a Draghi e chi è contrario ai rigassificatori nei collegi uninominali e coerenza sul programma dell’agenda Draghi. “A me sembra davvero il minimo sindacale per non mettere insieme una accozzaglia – scandisce il titolare del Mise in un video – Se la risposta sarà no, allora caro Enrico Letta la responsabilità della rottura sarà interamente tua”.
Anche per il segretario dem, che per sua stessa ammissione quando è necessario preferisce mordersi la lingua “e dire una parola in meno piuttosto che una in più” è troppo. “Giovedì ci siamo incontrati e stretti la mano, l’accordo era chiuso su tutta la linea, uninominali compresi: c’erano Di Maio, Fratoianni e Bonelli ma anche Carfagna e Gelmini”, sbotta con i suoi prima di convocare d’urgenza su zoom una riunione della segreteria allargata ai vertici del partito. Letta ammette che la situazione è più che in bilico e del resto quasi tutti i componenti del coordinamento dem non usano parole dolci nei confronti del ‘quasi’ alleato.
Solo Stefano Bonaccini, Antonio Decaro e la vicesegretaria Irene Tinagli, da sempre vicina al leader di Azione, provano a mediare, cercando di far ragionare i colleghi sulle condizioni arrivate da Calenda. Dopo due ore di confronto i dem approvano un nuovo appello all’unità, affinché “si proceda senza veti reciproci, a costruire un’alleanza che prosegua nel forte impegno europeista che l’esecutivo guidato da Draghi ha saputo interpretare”.
Per Calenda è troppo poco e lo dice a modo suo. La replica arriva via Twitter prima ancora che le agenzie riescano a battere la nota stampa congiunta con Della Vedova: “Enrico sei troppo intelligente per considerare questo appello una risposta. Vediamoci oggi con Più Europa e chiudiamo in un senso o nell’altro. Così ci facciamo male tutti. A dopo”. Il segretario Pd decide allora di parlare chiaro. L’occasione è un incontro con i sindaci dem al Nazareno.
Il leader si dice “pronto” a incontrare tutti “ma senza preclusioni e veti. E con lo spirito giusto: guardarsi negli occhi, fare i giusti accordi, senza sportellate. “Patti chiari e amicizia lunga”, scandisce ribadendo in chiaro che l’accordo era stato trovato. “Io e Calenda tre giorni fa ci siamo stretti la mano e ci siamo messi d’accordo su una strada, ma se tutto salta tre giorni dopo, vuol dire che non serve a niente”, ammette, difendendo “lo spirito di coalizione” messo un campo dal Pd per “dare rappresentanza a tutte le anime del centrosinistra”. Letta, in ogni caso, non getta la spugna. “Farò di tutto per raggiungere l’intesa”, assicura.
Nel quartier generale di Azione non ne fanno una questione personale. “Se chiediamo ai nostri elettori di votare Di Maio, Fratoianni e Bonelli semplicemente non ci votano. Non solo non prendiamo quei voti che servono per contendere i collegi alla destra, ma perdiamo quelli che abbiamo già. Stiamo ricevendo centinaia di mail”, ragionano. “Candidassero Di Maio, Bonelli e Fratoianni, che ancora oggi parlava di agenda Draghi, nel proporzionale. Già questo da parte nostra è un passo un avanti”.
Il problema più grosso, su questo fronte, riguarderebbe il ministro degli Esteri che oggi ha presentato il simbolo di ‘Impegno civico’ insieme a Bruno Tabacci e correndo nella lista Pd dovrebbe rinunciarci. I distinguo poi arrivano anche sul programma. “Ma puoi parlare di tasse (la proposta di una tassa di successione per i redditi plurimilionari avanzata da Letta per finanziare la dote ai diciottenni, ndr) al secondo giorno di campagna elettorale? E senza concordarlo prima? E se noi vogliamo fare un programma ‘zero tasse’?. Non possiamo essere bicefali”.
Nel botta e risposta che va avanti per tutto il giorno è Calenda a prendersi l’ultima parola: “I patti sono chiarissimi – attacca – Legittimo dire ‘non riesco’ ma chiudiamo questa partita”. È “il gioco del cerino” che al Nazareno già ieri temevano: “Vuole andare da solo, ma vuole pure dare la colpa a noi”, sintetizza a sera un senatore. Se così sarà, il Pd – assicurano I dem – “è pronto a fare tutta la campagna elettorale sul voto utile”.(LaPresse)