CASERTA (Anastasia Leonardo) – Avrebbero potuto colpire ancora, truccare altre gare e frodare ancora una volta lo Stato. Sono le conclusioni alle quali è giunta il gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere Alessia Stadio nell’emettere 9 misure cautelari nell’ambito dell’inchiesta sul verde pubblico nei Comuni di Caserta e San Nicola la Strada. Proprio la gravità dei reati contestati e la pericolosità dimostrata dagli indagati hanno reso indispensabili le misure cautelari. Con un’indagine approfondita condotta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta, sono emersi dettagli allarmanti sulle modalità con cui gli indagati avrebbero gestito oltre mezzo milione di euro in appalti, sfruttando la loro esperienza e conoscenza delle procedure per aggirare i controlli.
Il ricorso alle misure cautelari, che hanno portato agli arresti domiciliari cinque indagati e all’obbligo di firma per altri quattro, si è reso necessario proprio per il rischio concreto di reiterazione delle condotte illecite. Secondo l’inchiesta, gli imprenditori del settore verde pubblico e i funzionari comunali coinvolti avrebbero utilizzato la propria posizione per influenzare l’assegnazione degli appalti, mascherando i legami tra le imprese grazie a società intestate a prestanome. Questo sofisticato sistema, che secondo gli investigatori rispecchia la notevole abilità e professionalità degli indagati, permetteva a un ristretto gruppo di aziende di aggiudicarsi le gare grazie a un meccanismo consolidato di accordi tra le imprese.
Gli arresti domiciliari sono stati disposti per cinque indagati, ossia gli imprenditori del verde Raffaele Antonucci e Francesco Cerreto, il dirigente del Comune di Caserta Francesco Biondi e il dipendente dello stesso ente Michele Amato (a sinistra), e il gestore di fatto di un’azienda coinvolta Giuseppe Fazzone: l’obbligo di presentazione quotidiano alla polizia giudiziaria e’ stato disposto per l’ex dirigente del Comune di San Nicola la Strada Giulio Biondi (a destra), fratello di Franco, e gli imprenditori Domenico Natale, Giuseppe Cerullo e Gianni Andrea Migione. Gli indagati, a vario titolo, sono accusati di associazione per delinquere, falso in atto pubblico, turbata liberta’ degli incanti. Al centro dell’indagine figura Francesco Biondi, per il quale è stato evidenziato il rischio di inquinamento delle prove. Durante le indagini, Biondi avrebbe tentato di ostacolare l’acquisizione di elementi compromettenti richiedendo una bonifica del proprio ufficio, un fatto che ha ulteriormente accresciuto i timori delle autorità rispetto alla sua possibilità di continuare a interferire nelle procedure in corso. Analoghe preoccupazioni sono emerse per Michele Amato, il quale, venuto a conoscenza dell’indagine, avrebbe eseguito controlli ex post per costituire prove a sua discolpa. La presenza di entrambi gli indagati nei rispettivi ruoli pubblici, senza misure di controllo, è stata quindi considerata una minaccia per la genuinità delle indagini.
Le misure cautelari, con particolare riferimento agli arresti domiciliari, sono state ritenute indispensabili non solo per evitare il rischio di reiterazione dei reati ma anche per impedire che gli indagati possano comunicare con soggetti esterni o con altri coinvolti nell’inchiesta, rischiando di alterare i riscontri probatori. La spregiudicatezza e la capacità di coordinare queste operazioni hanno confermato, agli occhi degli inquirenti, la necessità di isolare i protagonisti principali, che potrebbero diversamente continuare ad esercitare pressioni e influenze su terzi. La misura degli arresti domiciliari, inoltre, è considerata l’unica idonea a interrompere il vincolo associativo tra i partecipanti, evitando ogni occasione di incontro e coordinamento per nuove azioni.
Pur ritenendo il braccialetto elettronico non strettamente necessario, vista l’assenza di precedenti penali per gli indagati, le restrizioni imposte mirano a garantire che non si verifichino ulteriori tentativi di manomissione delle prove o di condizionamento delle testimonianze.
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