Ergastolo e 41 bis per i fratelli Belforte: la Cassazione ha respinto le istanze

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MARCIANISE – Una doppia tegola giudiziaria si è abbattuta sui fratelli Salvatore e Domenico Belforte, boss di Marcianise e figure apicali dell’omonimo clan camorristico. La Cassazione, con due pronunce separate, ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati dai due capi storici della cosca, confermando da un lato il carcere a vita per Salvatore e dall’altro la proroga del 41 bis per Domenico. Il primo verdetto riguarda Salvatore Belforte, 65 anni, condannato all’ergastolo nel 2012 con rito abbreviato per due omicidi e un tentato omicidio commessi nel 1998, reati che segnarono una delle fasi più sanguinose della guerra di camorra tra i Belforte e i Piccolo, noti come i ‘Mazzacane’.

La difesa, rappresentata dall’avvocato Salvatore Piccolo, aveva chiesto la sostituzione dell’ergastolo con 30 anni di reclusione, richiamando la normativa introdotta dalla legge ‘Carotti’ del 1999 e successivamente rimodulata. Una richiesta fondata sull’interpretazione estensiva delle decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Consulta. Ma la Cassazione, relatore il consigliere Barbara Calaselice, ha ritenuto l’istanza “manifestamente infondata”: il rito abbreviato scelto da Belforte, infatti, fu richiesto nel 2011, ben oltre la finestra temporale (tra gennaio e novembre 2000) in cui la legge consentiva la sostituzione della pena perpetua con quella temporanea. I giudici hanno ribadito che l’imputato era pienamente consapevole, al momento della scelta, che l’esito possibile fosse l’ergastolo. Risultato: ricorso inammissibile e condanna al pagamento di 3mila euro alla Cassa delle ammende.

Destino analogo per Domenico Belforte, 68 anni, che aveva presentato personalmente un ricorso contro l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Roma che aveva prorogato il 41-bis, il carcere duro previsto per i capi mafia. La Suprema Corte, presidente Elisabetta Morosini, relatore Paola Borrelli, ha dichiarato inammissibile l’atto perché privo della firma di un difensore cassazionista, requisito introdotto dalla legge del 2017. Un vizio formale insanabile, che ha portato al rigetto immediato del ricorso con ulteriore condanna alle spese e al pagamento di 4mila euro alla Cassa delle ammende.

La Cassazione ha ribadito che nessun detenuto, neppure in materia di sorveglianza o di misure eccezionali come il 41-bis, può impugnare da solo i provvedimenti, dovendo necessariamente rivolgersi a un avvocato iscritto all’albo speciale. Le due pronunce rafforzano ulteriormente
il quadro repressivo nei confronti della cosca Belforte, da decenni egemone a Marcianise e in larga parte della provincia di Caserta, protagonista di sanguinose faide e al centro di processi per estorsioni, narcotraffico e infiltrazioni economiche. La conferma dell’ergastolo per Salvatore e la proroga del carcere duro per Domenico fotografano la continuità con cui lo Stato mantiene alta la pressione nei confronti dei vertici della camorra casertana.

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