L’europarlamentare Gentile (Pd): “Con i grillini nulla da spartire. De Magistris non è un leader”

L'intervista all'eurodeputata dem

NAPOLI – Europeista convinta, Elena Gentile porta con sé una lunga carriera politica fatta di battaglie nella sua Puglia prima e nella ‘sua’ Europa poi. Lavora per un’Unione senza confini, una sinistra che torni unita esaltando le differenze e un Mezzogiorno capace di ricollocarsi nel nuovo mondo globalizzato. Sosterrà Maurizio Martina e boccia in toto la ‘cosa nuova’ che sta mettendo in piedi Luigi De Magistris: “Non si capisce dove vuole andare”.

Onorevole per quale Europa lavora e vuole lavorare?

Per una Europa dei cittadini e delle cittadine, della giustizia sociale e della sussidiarietà tra Stati. C’è tanto lavoro da fare, deve essere cambiata. Ma la ricetta giusta non è il sovranismo, rinchiudersi in ridotte nazionali sempre più piccole. E’ un’idea perdente. Le prossime elezioni saranno decisive e il Pd deve spingere in questo senso.

Ci dica un esempio concreto.

Abbiamo fatto una battaglia per una risoluzione finalizzata a salvaguardare la catena di valore nell’agricoltura. Cioè dalla qualità delle produzioni passando attraverso la nuova Pac, che mette in sicurezza il reddito rispetto alle turbolenze di mercato e rispetto ai danni delle mutazioni climatiche. Abbiamo messo in campo una visione nuova. Un sostegno differente ai giovani imprenditori agricoli, ai quali non dobbiamo solo assicurare la possibilità di acquisizione dei terreni, ma offrire nuove competenze per diversificare le produzioni e, soprattutto, competenze manageriali. Perché nel mondo globalizzato pensare di andare avanti senza ‘federarsi’ non è possibile. Questo per il Mezzogiono è fondamentale, dalla Campania alla punta della Calabria. Bisogna favorire la nascita dei consorzi combattendo il ‘nanismo’ delle aziende agricole. Lo slogan “la terra a chi lavora” non regge più se non tenuta nell’idea di un network di imprese che tentiamo di favorire.

Questo esempio, quindi, vi pone in alternativa ai movimenti sovranisti?

Certamente. Ma è una piccolissima porzione di una visione complessiva ovviamente. Noi vogliamo superare l’idea di confini. Faccio un altro esempio italiano. Ho votato si al referendum costituzionale perché andava a modificare il titolo quinto. Si sarebbe aperto un discorso, che porto avanti da sempre ed oggi ancora di più, sulla nascita delle macroregioni. Mettere a valore l’intreccio e le ambizioni di un territorio è fondamentale. Non è più pensabile pensare che la Campania non possa pensare la sua idea di sviluppo insieme alle altre regioni confinanti.

Veniamo alla politica. Il Pd va a congresso, quale candidato la entusiasma di più?

Martina. Oggi costituisce un punto di equilibrio tra le varie anime e le varie sensibilità, ha un approccio conciliante. Questo partito ha bisogno di pace, come il paese. Ce lo chiede la piazza. C’è chi ci crede nel Pd, facciamo in modo di non disperdere tante energie.

Nel Pd c’è chi sostiene di tornare a dialogare con i 5 Stelle, di disarticolarli. Lo dice anche Pier Luigi Bersani.

Con il ceto politico dei 5 Stelle non ci parlo e non ho nulla a che spartire. Abbiamo invece l’obbligo politico e morale di tornare a parlare con quel pezzo di elettorato rimasto folgorato sulla via di Damasco ma che oggi si sta accorgendo del tradimento compito dal ceto politico pentastellato.

Cosa pensa della ‘nuova cosa’ che De Magistris sta mettendo in piedi?

Per andare dove e per fare cosa? Il tema non è il contenitore. Lo sbocco politico quale è? Mi è simpatico, è un personaggio interessante. Ma un leader politico è un’altra cosa. Lui vuole assumersi la responsabilità di incidere ancora una volta sulla frammentazione del panorama del centrosinistra?

Come amministratore?

Non mi sento di entrare dell’amministrazione di una città che non è la mia. Mi limito a far notare che se Napoli oggi è nella top ten delle città per turismo è merito dei napoletani. Napoli cresce per i fatti suoi, ha trovato nelle persone lo strumento per ripartire. Non nelle istituzioni, che anzi sembrano ostacolare questo processo più che governarlo. Ha invece perso la sfida del recupero delle periferie. Un fallimento anche politico.

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