TARANTO – Intrecci, favori, incarichi professionali e poi indagini pilotate, come quelle su 2 incidenti mortali all’interno dell’ex Ilva di Taranto, e tentativi di correggere l’evoluzione del processo Ambiente Svenduto sulla gestione dell’acciaieria, proponendo un patteggiamento, e infine esposti per un complotto contro l’amministratore delegato Eni. Racconta di una ragnatela imbastita con i fili della corruzione in atti giudiziari l’inchiesta della procura di Potenza che ruota attorno all’ex procuratore di Taranto e Trani, Carlo Maria Capristo, per il quale è stato disposto l’obbligo di dimora, e alle sue conoscenze.
Dall’avvocato siciliano Piero Amara, consulente Eni e Ilva in As, in carcere assieme al poliziotto Filippo Paradiso, per arrivare a Nicola Nicoletti, socio Pwc e già consulente esterno della struttura commissariale dell’Ilva e al legale Giacomo Ragno, entrambi ai domiciliari e poi l’ex pm Antonio Savasta e l’ex gip Michele Nardi, a piede libero e già coinvolti nell’inchiesta sul sistema Trani. Gli indagati sono 11.
Per Capristo, il procuratore capo di Potenza aveva chiesto i domiciliari. Il magistrato si è dimesso dopo essere finito, a maggio 2020, ai domiciliari nell’inchiesta per tentata concussione ai danni della pm Silvia Curione, partita dalla denuncia della magistrata all’epoca in servizio a Trani. Capristo ad agosto 2020 è tornato in libertà ma resta imputato e nel frattempo è finito nuovamente sotto la lente d’ingrandimento della procura di Potenza. E’ da qui che le maglie si sono allargate ed è apparsa in primis la figura di Ragno, sempre presente nell’ufficio del procuratore Capristo a Trani.
Dalle dichiarazioni dei redditi è emerso un incremento dal 2017, dopo la nomina di Capristo a Taranto, riconducibile a parcelle per incarichi Ilva. Indagando sull’acciaieria e sull’inchiesta da cui è scaturito il processo Ambiente svenduto, arrivato a sentenza con condanne per disastro ambientale, sono venuti a galla Amara e Paradiso, quest’ultimo mediatore tra Capristo e l’avvocato siciliano.
Per Amara e Paradiso, di recente, c’è stata richiesta di rinvio a giudizio dalla procura di Roma per traffico di influenze illecite: denaro da Amara a Paradiso come prezzo della mediazione con pubblici ufficiali in servizio in ambienti istituzionali, come il Csm. Amara usava un sistema di messaggi con algoritmi militari, sintomatico per il gip di lobbing. Secondo l’accusa, c’è stato un “asservimento durevole della funzione giudiziaria da parte di Capristo” per ottenere in cambio “un sostegno alle sue aspirazioni di carriera” e “benefici materiali”.
Capristo avrebbe accreditato Amara e Nicoletti presso Ilva in As per agevolarne l’ascesa professionale dopo aver ottenuto il loro interesse a sponsorizzare la sua nomina a capo della procura di Taranto e si rendeva “più aperto e favorevole alle esigenze” della società. Tanto che dopo incidenti mortali, “sollecitava i pm titolari a concedere l’uso degli impianti e gestiva i rapporti con la stampa in modo da far intendere, sia pure implicitamente, che Ilva in As ovvero i suoi dirigenti, potessero essere stati vittime di attività di sabotaggio in loro danno”.
Secondo l’accusa, c’era Amara dietro gli esposti anonimi che miravano a destabilizzare i vertici Eni e a sostituire l’Ad De Scalzi, indagato per corruzione a Milano e ad accreditarsi presso la società. Il primo scritto arriva alla procura di Trani e Capristo dispone indagini per compiacere le richieste di Amara”, e dopo intese con “il sostituto procuratore della Repubblica di Siracusa, Giancarlo Longo, dispone la trasmissione dei procedimenti per motivi di competenza territoriale”. Ma potrebbe non essere finita. L’inchiesta, per il gip di Potenza, è suscettibile di ulteriori sviluppi.(LaPresse)