Faida tra clan casertani, esami sulle armi usate

CASAL DI PRINCIPE – Un kalashnikov, un fucile a canne mozze e una pistola calibro 7.65. Tra le armi sequestrate tra Parete e Trentola Ducenta dai carabinieri la scorsa settimana gli investigatori cercano ulteriori dettagli per ricostruire un mosaico mafioso che fatica ad assumere connotati netti. Due i gruppi in campo, quello degli Schiavone e quello dei Bidognetti. Questi ultimi approfittando della carcerazione del nuovo capoclan Emanuele Libero Schiavone, avrebbero assunto il controllo delle piazze di spaccio dell’agro aversano, soprattutto quella di Casal di Principe. Emanuele Schiavone e Gianluca Bidognetti sono i due capi delle cosche contrapposte. Sono entrambi in carcere. Dopo l’arresto per Emanuele Schiavone è stata presentata istanza al tribunale del Riesame contro l’ordinanza di custodia cautelare emessa dopo il decreto di fermo che fu eseguito ai suoi danni e ai danni del 21enne Francesco Reccia. La settimana prossima si saprà la data in cui si terrà l’udienza. Il suo gruppo, che annovera almeno altre sette persone di Casal di Principe, Frignano e Villa Literno, è rimasto senza un leader. Quello dei Bidognetti invece con due esponenti storici del clan, di 55 e 59 anni, attraverso i loro fidati (un uomo dei Mallardo di Giugliano e il genero di uno dei due) riescono a gestire gli affari illeciti del gruppo mafioso. Altri cinque esponenti della stessa cosca poi si avvalgono di un gruppo di albanesi che si muovo sul territorio. Gli Schiavone hanno un gruppo di Liternesi che insieme ad altri, tra cui qualcuno di Frignano, attendono però ordini sul da farsi. Una faida è dietro l’angolo sulla sfondo del business della droga. L’analisi e gli esami balistici sulle armi potrebbe svelare retroscena non solo inediti ma anche impensabili.

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