CASERTA – Togliersi di dosso ogni tipo di dispositivo che potesse essere trasformato in uno strumento per controllarlo. E chiedere anche ad alcuni dei suoi interlocutori di fare lo stesso: una procedura che Giovanni Zannini, consigliere regionale di Mondragone, almeno negli ultimi anni, avrebbe adottato con discreta frequenza. Sapeva o temeva di essere sotto indagine? Una genuina e forte volontà di tutelare la propria privacy? Magari c’entra in questa accortezza l’ombra dei sedicenti servizi di sicurezza con cui, ipotizzano gli investigatori, avrebbe avuto qualche contatto? Quesiti legittimi ai quali, però, almeno per ora, non siamo in grado di rispondere. Possiamo dire, però, che il suo prodigarsi per evitare di essere ‘ascoltato’, ha spinto i carabinieri, coordinati dai pm Gerardina Cozzolino e Giacomo Urbano, a concentrarsi, per trovare elementi a sostegno della loro tesi investigativa, anche su personaggi a lui vicini. Spieghiamo meglio: non escludono che informazioni, messaggi, atti e compagnia cantante siano potuti essere veicolati dal politico mondragonese attraverso propri uomini di fiducia. E nell’elenco di questi, i magistrati della Procura di Santa Maria Capua Vetere hanno inserito anche chi gli fa da autista: parliamo di Orlando De Martino. I militari dell’Arma del gruppo di Aversa hanno bussato pure alla porta della sua abitazione per sequestrare dispositivi informatici, telefonini e documenti ritenuti utili all’indagine. De Martino, chiariamolo, non è nella lista degli indagati coinvolti nell’inchiesta che orbita intorno al consigliere regionale (non gli viene contestata alcuna ipotesi di reato), ma la Procura sammaritana ha considerato necessario ugualmente acquisire materiale in suo possesso.
Ad oggi, ufficialmente, sono sette gli indagati e il lavoro dei carabinieri di Aversa è caratterizzato (al netto di eventuali allargamenti) su quattro focus: il primo riguarda le ipotizzate ingerenze di Zannini nell’Asl di Caserta, che sarebbero arrivate a costringere, tramite Antonio Postiglione, pezzo da novanta della sanità regionale, Vincenzo Iodice a ricoprire il ruolo di direttore sanitario. Il secondo riguarda l’interessamento del politico presso l’amministrazione di Teano per far ottenere appalti alla ditta di igiene urbana di Alfredo Campoli, che avrebbe contraccambiato il favore regalando dei motorini ai figli del politico. Il terzo ha come protagonista la mega struttura sorta a Cancello Arnone lungo la strada provinciale 333, messa in piedi dagli imprenditori Luigi e Paolo Griffo con un finanziamento da Invitalia per 10 milioni di euro. In questo caso, Zannini, secondo l’accusa, si sarebbe mosso per rimediare a delle criticità sui permessi che legittimavano la realizzazione dell’opera, trovando supporto nei Comuni di Cancello ed Arnone e di Castello del Matese. L’ultimo tema dell’inchiesta riguarda un presunto giro di fatture false, garantite da due imprenditori del Napoletano, di cui Campoli avrebbe beneficiato per pagare meno tasse. Logicamente, gli indagati sono da ritenere innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile. L’attività investigativa si trova ancora nella fase preliminare e il suo proseguimento potrebbe anche portare la Procura a tracciare l’estraneità di Zannini e degli altri rispetto ai reati contestati.
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