Dal 2% a palazzo Chigi: tra i militanti di Fratelli d’Italia, i ’10 anni di amore per l’Italia’ congiungono idealmente questi due punti, nella convinzione che siano però solo tappe e che il traguardo sia in un futuro ancora da scrivere. La convention organizzata in piazza del Popolo, a Roma, ha il sapore di una festa. Sfilano e sorridono i ministri (arrivano Matteo Piantedosi che infiamma la platea sui migranti, Orazio Schillaci e il beniamino Francesco Lollobrigida), ma è tra chi c’era sin dal primo giorno che si registra la soddisfazione più grande. Non è un caso che tra i primi ad aprire la kermesse ci sia Ignazio la Russa, intervistato da Bruno Vespa.
A presentarli è Franco Zaffini, presidente della commissione Affari sociali, sanità e lavoro di palazzo Madama. “Siamo al paradosso di un umile senatore di campagna che presenta la seconda carica dello Stato e il presidente della terza Camera”, ironizza. La Russa mette subito le cose in chiaro: “Che effetto mi fa essere qui da presidente del Senato? Mi sembra come quelli che hanno fatto una breve vacanza e tornano a casa, e capiscono che in nessun posto si sta bene come a casa. Non avrei mai pensato 15 anni fa di fare il presidente del Senato, nemmeno 15 mesi fa, mentre non ci ponevamo limiti rispetto alla nostra scelta: che le nostre idee con le nostre gambe, con le gambe dei nostri figli avrebbero trionfato, ne ho sempre avuta la certezza assoluta”, dice soddisfatto.
Il ruolo istituzionale ricoperto impone terzietà e imparzialità, ma il presidente del Senato chiarisce ancora una volta quale sarà lo stile della sua presidenza. “Io la storia me la sono andata a guardare: sono più i presidenti che hanno fatto politica che quelli che hanno diretto il traffico. Se volevano chi dirige il traffico prendevano un semaforo. Io dirigerò l’aula ma non sono un semaforo, mi riservo di continuare a esprimere le mie impressioni, le mie opinioni e le mie idee”, assicura tra gli applausi dei presenti.
La Russa dichiara allora quello che sarà il suo “principale obiettivo” da presidente, quello di “lavorare a quella pacificazione alla quale aveva accennato il presidente della Camera Luciano Violante. Il mio obiettivo rimane quello e se riuscirò a spostare di un centimetro in avanti questo riconoscimento, ciascuno delle ragioni degli altri, mi considererò soddisfatto”. La linea, assicura, è condivisa anche con Giorgia Meloni che mira a “entrare in un’altra dimensione politica: confrontarsi anche duramente ma col presupposto che uno non pensa di delegittimare l’altro. Il tentativo che dobbiamo fare è confrontarci sulle idee, non delegittimarsi perché sei figlio o nipote di una certa storia, perché a casa ti hanno trovato una certa cosa, perché tuo cugino l’hanno visto alzare un braccio…”, azzarda.
Nei cinque anni di Governo, assicura il fondatore FdI, gli obiettivi restano quelli annunciati nel corso della campagna elettorale, riforma costituzionale compresa. “Meloni confida entro la fine di questa legislatura di dare al popolo italiano molto più potere su chi decide le sorti del Paese. Noi vogliamo confrontarci e non arroccarci su una delle tre opzioni. Poi personalmente credo che il semipresidenzialismo alla francese abbia più equilibrio. Il presidenzialismo Usa ha funzionato anche di più, ma dall’altra parte del mondo, il premierato potrebbe raccogliere più consensi anche fuori dalla maggioranza”, spiega.
Se invece il Governo fosse costretto a vivacchiare – La Russa non ha dubbi – Meloni lascerebbe: “A Giorgia non frega niente di avere un ruolo se poi non riesci a portare avanti le tue idee. Se le dici che deve accettare di navigare per 5 anni, di surfare tra le onde, Giorgia si dimette e torna da Ginevra – assicura – Giorgia è fatta così”.(LaPresse)