NAPOLI – I clan alzano la testa. E lo fanno a modo loro. Sequestrano il figlio di un armatore, che gestisce i posti barca a Mergellina. Il ragazzo bloccato sul lungomare da un gruppo di uomini per conto del braccio operativo dell’Alleanza di Secondigliano, dopo un appuntamento-trappola. Condotto in un appartamento segreto. Qui la telefonata al padre con la richiesta estorsiva: “Ci devi dare 200mila euro”.
L’imprenditore spiega che in quel momento non li ha. I sequestratori picchiano il figlio. Poche ore dopo il padre viene accompagnato nell’appartamento-bunker, per sincerarsi delle condizioni del ragazzo. “Adesso non ci devi dare più 200mila euro, ma 350mila euro”. A quel punto dice che avrebbe recuperato il denaro. Intanto scattano le indagini. Una caccia all’uomo non solo sul lungomare. Le pattuglie setacciano palazzine nel centro storico, al Borgo Sant’Antonio Abate e nei quartieri a nord della città. Il ragazzo sarà trovato davanti all’ospedale Fatebenefratelli sanguinante. Gli accertamenti della squadra mobile della questura sono in corso. Riflettori puntati sulle paranze dell’Alleanza di Secondigliano. Riavvolgiamo il nastro.
Quanto è durato il sequestro? Due giorni (pomeriggio-pomeriggio). Difficile ricordare un episodio simile nel centro di Napoli. Forse un precedente negli anni ottanta. Ma torniamo ai fatti di oggi. Gli esperti della Mobile hanno individuato l’appartamento in un vicoletto di via Don Bosco e la Scientifica ha fatto il resto: ha rilevato tracce di sangue, nonostante il pavimento fosse stato pulito con cura.
Perché i sequestratori hanno rilasciato il ragazzo? Perché si erano sentiti braccati dalla polizia, che in poche ore aveva fatto terra bruciata con decine di incursioni nei possibili covi. Non è finita. Lo hanno picchiato così forte, che il padre pensava fosse morto: l’armatore aveva ricevuto una telefonata dai sequestratori a ora di pranzo. Con un indirizzo preciso: via Don Bosco. Qui l’imprenditore si è precipitato in soccorso del figlio, ma lo ha trovato a terra. Esanime. Lo chiamava per nome, ma lui non rispondeva. Ha pensato fosse morto. Hanno pestato anche il padre: colpito con una martellata al torace. Sequestrato e condotto in una casa accanto. Gli hanno tolto cellulare e documenti. Dopo un’ora sono tornati per liberarlo: “Ora vai a prendere i soldi”. Ma sono scattate le indagini. Secondo le informazioni della questura, dietro al sequestro c’è la cupola a tre test. Il gruppo Contini-Licciardi-Mallardo è in forte espansione, spiegano le informative. E vuole togliere terreno ai Mazzarella. Pure questa è una operazione per marcare il territorio. Una prova di forza. Non solo contro lo Stato, un avvertimento ai rivali storici.
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