ROMA – Si sono presentati alla porta con un distintivo al collo e la scusa di una perquisizione, dicendo di essere carabinieri. In realtà, due di loro erano poliziotti, ma non erano lì per servire la legge, bensì per infrangerla nel modo più spregiudicato e violento. Si chiude con un quadro accusatorio sconcertante l’indagine su una brutale rapina avvenuta nelle scorse settimane all’interno del campo nomadi di via dei Gordiani, nel quartiere di Centocelle. Una vicenda che getta un’ombra pesantissima su chi dovrebbe essere garante della sicurezza dei cittadini.
L’incubo per una famiglia di coniugi, genitori di figli minori, è iniziato quando un commando di quattro uomini ha fatto irruzione nella loro abitazione. Ostentando una finta sicurezza e una falsa autorità, i malviventi hanno dichiarato di essere carabinieri del comando dei Parioli e di dover procedere a una perquisizione alla ricerca di armi e droga. Un pretesto, un copione studiato a tavolino per neutralizzare ogni possibile resistenza. Una volta all’interno, però, la maschera è caduta. I toni si sono fatti minacciosi e la famiglia è stata sequestrata: marito, moglie e i loro figli sono stati chiusi a chiave in una stanza, terrorizzati e impotenti.
Mentre le vittime vivevano minuti di puro terrore, la banda agiva con fredda professionalità. Armati di un trapano, i rapinatori hanno iniziato a smontare i pannelli di rivestimento delle pareti, dimostrando di sapere esattamente dove cercare. Non era un tentativo casuale: andavano a colpo sicuro. E infatti, da un’intercapedine abilmente nascosta, sono riusciti a estrarre il bottino: cinquemila euro in contanti e una collezione di sei orologi di lusso, tra cui cinque Rolex e un prezioso Cartier. Poi la fuga, lasciando la famiglia sotto shock.
Le indagini, scattate immediatamente dopo la denuncia, sono state affidate ai carabinieri del gruppo di Ostia, che hanno lavorato senza sosta sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Giovanni Conzo. Gli investigatori hanno meticolosamente ricostruito il puzzle, partendo dalla testimonianza delle vittime, che hanno fornito descrizioni cruciali. Parallelamente, sono stati analizzati i filmati di decine di telecamere di videosorveglianza della zona e, soprattutto, sono stati incrociati i tabulati telefonici delle celle che coprono l’area.
Proprio dall’analisi del traffico telefonico è emersa la verità più agghiacciante. L’indagine ha portato all’identificazione di tre dei quattro presunti autori materiali e, con loro, del “basista”, l’uomo che aveva fornito alla banda le informazioni vitali sui nascondigli usati dalla famiglia per custodire denaro e gioielli. La sorpresa più amara è stata scoprire l’identità di due dei rapinatori: due poliziotti in servizio presso il commissariato Salario Parioli, già sospesi dal servizio per motivi su cui ora si concentrano ulteriori accertamenti.
All’alba di oggi, 26 dicembre, è scattato il blitz. I due agenti, il basista e un terzo complice sono stati arrestati. L’accusa è pesantissima: rapina pluriaggravata, con la specifica aggravante dell’abuso dei poteri e della violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione. Un tradimento della divisa e della fiducia dei cittadini che ora attende di essere giudicato in un’aula di tribunale, mentre proseguono le ricerche per identificare e catturare il quarto uomo del commando.





















