FIRENZE – La Corte di Cassazione, nella tarda serata di ieri, ha respinto, giudicandolo inammissibile, il ricorso della difesa del senegalese Cheik Diaw. Confermando così nei suoi confronti la condanna in appello a 30 anni di reclusione per l’omicidio volontario della statunitense Ashley Olsen. Trovata morta il 9 gennaio 2016 nella sua casa di Firenze, in via Santa Monaca, nel quartiere di Santo Spirito. Le motivazioni saranno disponibili tra non meno di trenta giorni. Gli avvocati Antonio Voce e Federico Bagattini, difensori di Diaw, attualmente detenuto nel penitenziario di San Gimignano (Siena), avevano basato il ricorso su due aspetti principali. La mancata perizia per stabilire l’esatto orario della morte e la richiesta di annullamento dell’aggravante della inferiorità fisica di Ashley Olsen rispetto al suo assassino.
Questa la dinamica dei fatti
Secondo quanto ricostruito nel corso dell’indagine condotta dalla squadra mobile fiorentina, la 35enne americana e il giovane senegalese si incontrarono in un locale notturno. E decisero di proseguire la serata a casa della donna. Dove ebbero rapporti sessuali consenzienti, anche sotto l’effetto di alcol e cocaina. In queste circostanze, in seguito a una lite, sarebbe scattato l’omicidio. Cheik avrebbe spinto e fatto cadere Ashley, facendole colpire la testa a terra violentemente, quindi l’avrebbe strangolata. Un “quadro probatorio univoco”, scrissero i giudici della Corte d’appello di Firenze nelle motivazioni della sentenza. “Diaw – sottolinearono i giudici – è rimasto per due ore nell’appartamento dove aveva ucciso una donna. Senza neppure provare a cancellare le proprie tracce e, al tempo, aumentando il rischio di essere trovato da qualcuno sul luogo del delitto.
Evidentemente si è trattato di un momento di smarrimento totale del giovane, nel quale egli non ha saputo o potuto far ricorso a ragionamenti razionali”. L’americana venne trovata cadavere il 9 gennaio del 2016 dal fidanzato, Federico Fiorentini. Secondo la tesi difensiva, dopo l’uscita del senegalese dall’appartamento della ragazza, sarebbe entrato un altro uomo. I giudici sia di primo che secondo grado definirono questa tesi “priva di ogni fondatezza”, alla luce degli accertamenti svolti in particolare sul fidanzato della ragazza.
(LaPresse)