ROMA (LaPresse) – Focus di Alessandro Banfo. Dall’A di Alitalia alla T di Tim, passando inevitabilmente per la I di Ilva. Non è una filastrocca coniata tra Via Molise e Via Veneto, ma un vero e proprio alfabeto di dossier economici che dovrà affrontare Lugi Di Maio. Nel nuovo governo giallo-verde, infatti, il capo politico del M5S presiederà i Ministeri del Lavoro e dello Sviluppo economico e le questioni da risolvere, per lui, non sono certo di poco conto.
Le scadenze mettono in prima fila sul tavolo l’Ilva. Dal 1/o luglio, infatti, Arcelor Mittal può formalmente chiudere l’acquisto della acciaierie anche se non ha trovato un accordo con i sindacati. Finora ci sono state fumate bianche sia al Mise sia nell’incontro dello scorsa settimana tra i segretari e i vertici aziendali.
Il nodo, da luglio 2017 ormai, rimane l’occupazione.
Gli indiani puntano ad assumere direttamente 10mila lavoratori da parte di Arcelor Mittal, altri 1500 finirebbero in carico ad una Newco guidata da Invitalia e per altri 2300 ci sarebbe l’impegno a trovare una “collocazione stabile”. I sindacati, invece, continuano a insistere per la riassunzione delle attuali 13.800 persone in forza a Ilva. Ballano, insomma, oltre 5mila posti di lavoro. L’ormai ex ministro Carlo Calenda qui, a differenza di altre vertenze, non ha trovato l’accordo e ora Di Maio ha meno di un mese per arrivare a un’intesa tra sindacati e Mittal. Senza dimenticare il fatto che nel contratto M5S-Lega si cita anche la possibile chiusura delle acciaierie. Ipotesi non certo rassicurante, con lo spettro della causa legale da parte del colosso siderurgico.
Il Senato ha approvato il decreto che sposta al 31 ottobre il termine per la procedura di vendita e al 15 dicembre quello per il rimborso dei 900 milioni del prestito ponte. I commissari straordinari Gubitosi-Laghi-Paleari stanno svolgendo un buon lavoro ma il tempo stringe e serve una road map chiara per evitare il fallimento dell’ex compagnia di bandiera. L’acquisto di Alitalia per intero sarebbe la best option, anche perché una eventuale nazionalizzazione (come ha sottolineato sempre Calenda) sarebbe un colpo molto duro per i conti pubblici.
Per Di Maio c’è pure la patata bollente Alitalia.
Insomma, l’estate si preannuncia caldissima, anche perché Di Maio non può trascurare la realizzazione del reddito di cittadinanza. Secondo le ultime stime, potrebbe avere un costo di circa 17 miliardi. Non è escluso che nella prima fase che possa essere ampliato il Rei, il Reddito di inclusione, introdotto dal governo Gentiloni. Nel primo trimestre 2018 la misura ha coinvolto 317mila persone, con un importo medio mensile di 297 euro. Sul fronte Lavoro rimane poi aperto il dossier Tim. La Uilcom ha infatti ribadito all’azienda “di rivedere la decisione sulla cassa integrazione straordinaria per 29.000 dipendenti, utilizzando soluzioni alternative come il ricorso alla solidarietà”. Prossimi due incontri l’8 e l’11 giugno con l’ipotesi della Cgis che resta comunque sempre in piedi.